Avevo, ed ho ancora, ben impresso il ricordo dell’ultimo concerto organizzato dalla BMAI, Tim O’Obrien & The O’Boys, l”anomalo’ della country music, quando una quindicina di giorni dopo ho avuto la possibilità, o forse dovrei dire la fortuna dato che l’ingresso era ad inviti, di assistere al concerto svoltosi l’11 giugno a Milano di k. d. lang, un’altro ‘anomalo’ della country music.
Anomala sotto vari punti di vista. Quello strettamente legato alla persona, che le ha procurato non pochi problemi in terra americana, affrontando e quindi scontrandosi con un certo tipo di musica (che dell’aspetto ‘tradizionale’ ne fa il proprio emblema), la quale non ha trovato facile accettare i suoi trascorsi sentimentali prima con Madonna, poi con la tennista Navratilova, tanto per citare le più conosciute.
Ma quello che interessa a noi di questa ragazza è la sua voce, e per dirlo con parole sue pronunciate durante il concerto: “probabilmente sapete più cose voi sul mio conto di quante non ne sappia io, comunque io sono qui per cantare e sono onorata di farlo per voi”, quindi abbandoniamo questo aspetto personale della questione per parlare invece di quello musicale.
Di origine canadese, Kathy Dawn Lang ha faticato parecchio ad entrare nel mercato musicale americano. Fa parte di quella scuola di ‘Nuovi Tradizionalisti’ cresciuta con Dwight Yoakam, Steve Earle, Mary C. Carpenter, Lyle Lovett, e proprio come con Lyle Lovett in k. d. lang si avverte questa transizione dal country ad una musica assai meno country.
Ha iniziato a suonare alla fine degli anni settanta, ma ha esordito nel 1984 con l’autogestito Western Experience, per poi farsi conoscere ai più nel 1987 con Angel With A Lariat, un disco roccato in cui la canadese mostra già di avere una personale visione della musica country, ma l’album che le ha portato più fortuna e che è riuscito a vendere parecchio negli States è dell’anno seguente, 1988, Shadowland, registrato a Nashville.
Il suo capolavoro, non solo a detta mia ma di tutti gli addetti ai lavori è Absolute Torch And Twang del 1989, un misto di country-swing con la pedal-steel guitar sempre in evidenza, ed è un album che contiene splendide canzoni, che consiglio caldamente a chi ha la voglia di cercarlo (non sarà facile).
A questo punto k. d. lang si concede una pausa di quasi tre anni, e torna con un disco sofisticato, Ingenue, l’ultima sua produzione, in cui si intuisce come la sua vocalità abbia bisogno di nuovi orizzonti che oramai forse vanno al di là della musica country. E’ comunque un tantino al di sotto di Absolute, anche se in Ingenue la voce risalta in modo notevole, ed è appunto la voce la particolarità di questa ragazza, che non a caso ha ricevuto il Grammy Award come migliore Voce Femminile 1993.
Nonostante io la conoscessi già molto bene vocalmente essendo una delle mie cantanti preferite, la sua voce mi ha lasciato a bocca aperta per tutto il concerto, ed ha interpretato le sue canzoni in modo superlativo, delle volte stravolgendo addirittura la melodia originaria, facendo acquistare nuova luce al pezzo, iniziando ovviamente con alcuni brani dal suo ultimo Ingenue, spaziando da sofisticate canzoni come Save Me, Miss Chatelaine, Crying originariamente cantata in coppia con Roy Orbison, a pezzi più countreggianti tratti da Absolute, cantati con grinta eccezionale quali Luck In My Eyes, Big Boned Gal, Pulling Back The Reins, regalandoci infine quattro bis, fra cui una divertente e sofferta Johnny Get Angry, uno dei suoi primissimi successi.
E’ veramente un peccato che solo un numero limitato di persone abbiano potuto assistere allo spettacolo. L’unica giustificazione che ci sovviene è che, vista una esigua risposta all’atto della prevendita biglietti, abbiano ritenuto di dare un taglio promozionale al concerto, per appunto cercare di proporre e promuovere il personaggio e la sua musica evidentemente ancora poco conosciuta. Il sempre più grande Lyle Lovett ci dice di Dwight Yoakam e k. d. lang: “sono artisti che non fanno la musica che comunemente la gente si aspetta da Nashville, che smuovono gli stantii stereotipi di questa musica”.
Una k. d. lang fortemente consigliata a tutte le menti aperte della country music, che riescono a capire ed apprezzare i vari cambiamenti che un Artista apporta alla propria musica, dandoci nuove prospettive della stessa, facendoci intravedere nuove soluzioni, cioè a quelli che non si accontentano solo di un Tim O’Brien versione Hot Rize, ma che lo apprezzano magari anche di più in versione O’Boys, regalandoci ottima musica, dedicata a chi va oltre.
Paolo Ercoli, fonte Country Store n. 21, 1993