Lightnin’ Slim – I’m A Rolling Stone cover album

« …Lightnin’ Slim fu il bluesman più consistente di Jay Miller…» (John Browen, South To Louisiana, Pelican Publishing Co., 1983)

Non vogliamo piangerci addosso. Ma più il tempo passa e più diventa cospicuo l’elenco dei dimenticati da questa rivista. E’ altrettanto vero che molti di loro li abbiamo già ospitati, in maniera saltuaria e incompleta, nelle nostre pagine, ma nonostante ciò è con un certo dispiacere che ci imbattiamo ogni volta in personaggi di cui inconsciamente pensavamo di avervi già parlato esaurientemente. E se questo è anche il caso di Lightnin’ Slim, per le autorità Otis Hicks, di cui Ottavio Verdobbio tracciò una breve ma esauriente biografia nel numero 67 di questa rivista nelle pagine 43 e 44, cerchiamo oggi di porre rimedio alla sua musica ‘dimenticata’ (con l’eccezione delle brevi incursioni realizzate precedentemente nei numeri 52 e 53) appellandoci alla Jasmine inglese che ricupera dal lungo oblio discografico, con il doppio CD antologico intitolato I’m A Rolling Stone, i suoi singoli editi dal 1954 al 1962 sulle etichette Feature ed Excello.

Diciamo subito che Slim sembrerebbe aver introitato le doti di due grandi personaggi della scena blues: Lightnin’ Hopkins e Muddy Waters, ovvero il country blues ‘alla’ Hopkins e la persistenza ritmica tendente al lento di Muddy Waters degli inizi. Se a questa sua genialità nel personalizzare radici altrui, oltre ovviamente a dare spazio alle proprie composizioni, dobbiamo aggiungere che Slim si basò esclusivamente su un ensemble musicale formato dalla sua chitarra, una armonica ed una batteria, dando vita così ad una musica scarna, arcaica, essenziale, lenta e strascicata al punto che fu proprio la rivista Cashbox a battezzarla ‘Blues della Palude’ (Swamp Blues). In questo contesto si rivelerà fondamentale oltre al suo canto rustico e privo di ogni abbellimento, anche la funzione dell’armonica importantissima per i dialoghi che finiva per instaurare (merito indiscutibile questo dei varii, spesso misconosciuti, Wild Bill Phillips, Henry Clement, ‘Schoolboy’ Cleve White sino a giungere a pilastri del genere come Lazy Lester e Whispering Smith) sia con la chitarra di Slim che per gli spazi dedicati agli assolo a cui il leader lo invitava con la frase «blow your harmonica son».

Basta porre l’orecchio allo slow Bad Luck, sua seconda traccia registrata nel marzo del 1954 a Crowley, Louisiana, per rimanere colpiti dalla sua voce rauca, ed amare invece il tempo medio New Orleans Bound per la chitarra semplicemente ritmica e spoglia, come d’uso per lui, di ogni tentazione solista. Di Bugger Bugger Boy amiamo invece l’armonica di Clement aperta e priva di qualsiasi gioco di prestigio, mentre nello slow asciutto di Lightnin’ Blues ci lasciamo tentare dalla sua voce che potremmo definire dark. Riuscite le sue riletture altrui, con titoli modificati in Sugar Plum per Sonny Boy Williamson I° e Just Made Twenty One di John Lee Hooker, quest’ultima pregevolmente rivestita di uno scorrimento talkin’ blues. Incisi nel maggio del 1956, Going Home e Wondering And Goin’, risultano per merito di Slim e di Schoolboy, pur nella diversità enorme che li contraddistingue (slow il primo e ritmico il secondo), due superbi esempi di blues ridotto all’osso. Se ultimiamo il primo CD con Mean Ole Lonesome Train, tema ferroviario privo di esercitazioni virtuosistiche, e I’m A Rollin’ Stone, sapiente ma nel contempo lineare mix di Catfish Blues, il secondo (1958-1962) si apre sulle volute lente da favola di My Starter Won’t Star, dove la voce di Slim e l’armonica di (forse) di Lazy Lester si contendono i punti più alti dell’emotività. E’ perlomeno curioso che se G.I.Slim riecheggi I’m A Man avvalendosi di un Lester strepitoso, anche se tocca a Nothing But The Devil, Somebody Knockin’ (la cui scansione del tempo sembra fatta apposta per dare alla voce del leader la giusta collocazione) ed al lento You’re Old Enough To Understand chiudere il cerchio in maniera egregia.

Solo se amate il blues disadorno, chitarristicamente scabro e privo di assolo ma ornato della ‘solita’ voce rugosa e laconica, il tutto sostanzialmente retto da un armonica basilare mai banale, e siete disposti a concedervi il rischio della ripetitività fatta di colori e vapori paludosi ingabbiati per giunta nella trappola temporale esecutiva dei 3 minuti 3, questa compilation di Lightnin’ Slim fa per voi.

Jasmine JASMCD3045 (UK) (Blues, Rhythm & Blues, 2015)

Marino Grandi, fonte Il Blues n. 133, 2015

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