Parlare di Lyle Lovett è un po’ come sfogliare il grande libro della Musica Americana delle radici. Lyle infatti nel corso della sua carriera discografica ha affrontato le più svariate forme musicali, dal country al blues, dal folk allo swing, fino al gospel, interpretando nella accezione più ampia i suoni originatisi nel Sud degli Stati Uniti.
Lo ha fatto sempre in maniera intelligente e personale, evitando il pericolo di apparire scolastico o superficiale. Il suo particolarissimo senso dell’umorismo e il suo raccontare situazioni curiose e talvolta bizzarre hanno caratterizzato una musicalità che ha visto la maturazione di un artista a tutto tondo che ha avuto la possibilità di esprimersi anche in un campo insidioso come la cinematografia.
Nell’economia della musica di Lyle Lovett ha giocato un ruolo importantissimo la sua vocalità, pregnante e singolare, ricca di sfumature e sempre profondamente ispirata.
Lyle Lovett nasce il 1 novembre 1957 a Houston, Texas ma cresce a Klein, piccola comunità agricola popolata per la maggior parte da immigrati di origine tedesca.
Lyle inizia ad interessarsi alla musica e ad esibirsi nei piccoli clubs di Houston, Dallas e Austin mentre frequenta la A&M University, una delle più importanti in Texas, presso cui si laurea prima in giornalismo e poi in tedesco.
Terminati gli studi universitari inizia ad ampliare i suoi confini uscendo dal Texas per esibirsi prima in New Mexico e poi a New York. Sono i primissimi anni ottanta quando Lyle Lovett, per migliorare il suo tedesco, vola in Europa e conosce durante il suo soggiorno un musicista locale, tale Buffalo Wayne, con il quale stringe una profonda amicizia e collaborazione artistica.
Quando Buffalo Wayne viene coinvolto in un festival che si tiene annualmente in Lussemburgo, il Schueberfouer, Lyle lo segue assieme ad altri artisti americani.
Dopo questa esperienza Lyle torna negli States ed inizia a lavorare a quello che sarà il suo primo album. L’amicizia con un’altra grande figura della scena texana, Nanci Griffith, gli permette di farsi notare, apparendo come vocalist in due splendidi dischi di Nanci, Once In A Very Blue Moon (1983) e The Last Of The True Believers (1984).
La stessa Nanci Griffith rilegge, correggendo il titolo, una canzone di Lyle, If I Were The Woman You Wanted, mantenendo intatta tutta la grande poesia originaria.
Nel 1984 Lyle Lovett incide a Scottsdale, nei dintorni di Phoenix, Arizona, alcune canzoni che Guy Clark, nel frattempo divenuto suo grande amico e ammiratore, porta a Nashville per farle ascoltare a Tony Brown, allora boss della MCA. Tony Brown decide immediatamente di metterlo sotto contratto e pochi mesi dopo queste sessions vengono pubblicate nell’album di esordio, Lyle Lovett (MCA/Curb, 1986).
Siamo in piena rinascita della country music e il movimento neo-tradizionalista denominato da alcuni critici New Country, vive un grande momento. Ogni major ha tra le proprie fila artisti che rientrano in questa categoria, anche quando le loro sonorità risultano più complesse e variegate, come nel caso di Lyle Lovett.
All’ascolto del suo disco omonimo ci si rende subito conto di quanto personale e particolare sia la sua proposta, molto diversa come suono dai vari Randy Travs, Dwight Yoakam o George Strait. Texas swing, blues, folk e country music creano un cocktail che all’inizio può spiazzare l’ascoltatore, ma che viene subito metabolizzato tanto da creare un vero e proprio ‘Lovett sound’. In Lyle Lovett ci sono una manciata di canzoni che sono diventate dei veri e propri classici per Lyle, da God Will, a Farther Down The Line, a The Waltzing Fool, a If I Were The Man You Wanted, fino alla eccellente This Old Porch (scritta con Robert Earl Keen che a inserì anche nel suo esordio, No Kinda Dancer del 1984).
L’iniziale Cowboy Man è uno splendido biglietto da visita, uno swing veramente trascinante, Why I Don’t Know è un robusto blues, An Acceptable Level Of Ecstasy è sorprendente con i suoi suoni jazzy (con cui impareremo a familiarizzare più avanti) mentre You Can’t Resist It è più rock e forse meno riuscita rispetto alle altre.
Nel 1987 esce il secondo disco, Pontiac, in cui le passioni musicali di Lyle Lovett vengono delineate più chiaramente rispetto al pur validissimo esordio. Country e blues, folk e jazz vengono accostati in maniera sempre più personale e lo script del Nostro risulta ancora più profondo.
Sul versante country/folk ci sono alcuni dei capolavori della sua carriera: l’iniziale If I Had A Boat è una delle mie preferite in assoluto, con un eccellente intro di chitarra acustica, Walk Through The Bottomland e L.A. County sono due magnifiche country ballads impreziosite dai vocalizzi di Emmylou Harris, I Loved You Yesterday è nostalgicamente messicaneggiante e Pontiac è intensa e rarefatta.
La prima parte scorre tra suoni più familiari ai lettori di Country Store ma non sono assolutamente da sottovalutare i momenti più ‘neri’: She’s No Lady è un blues fiatistico in cui Lyle, con profonda ironia, ci racconta di un rapporto uomo/donna molto particolare mentre M-O-N-E-Y è sincopata e nervosa e vede la presenza della bravissima vocalist di colore Francine Reed che collaborerà con lui molto in futuro.
Black And Blue è pianistica e ricorda il Tom Waits della colonna sonora del film di Francis Ford Coppola One From The Heart, inciso con la country singer Cristal Gayle.
Lyle Lovett And His Large Band (1989) è il titolo del terzo lavoro del cantante texano e la contrapposizione di stili ancora più marcata lo allontana sempre più dal pubblico medio che segue la country music ma fa si che si crei un ‘cult following’ tra coloro che amano semplicemente la buona musica.
Tutta la prima parte di Lyle Lovett And His Large Band lo fa apparire nelle vesti di jazz e blues crooner accompagnato da una band di tutto rispetto nella quale appare ancora la splendida Francine Reed. Il lato country/folk mostra un Lyle Lovett ispirato e talvolta ricco di humour come dimostra la classica country song (ispirandosi alla Nashville degli anni ’50 e ’60) I Married Her Just Because She Looks Like You oppure la rilettura di Stand By Your Man (certo fa sorridere Lyle che canta “…sometimes it’s hard to be a woman…”!).
Which Way Does That Old Pony Run è una ballata emozionante in cui fanno bella mostra il cello di John Hagen e la steel di Paul Franklin, Nobody Knows Me è un altro degli ‘highlights’ dell’album mentre degna di particolare attenzione è la sua particolare rilettura del traditional Farther Along, reintitolata If You Were To Wake Up. Ospiti di eccezione in questo disco sono Rodney Crowell, Mac McAnally e la Uncle Walt’s Band al completo, con David Ball e i compianti Walter Hyatt e DesChamps Hood.
Questo è in definitiva un album che conferma la grande statura del cantante ed autore di Houston.
Dopo questi tre dischi Lyle Lovett si sente sempre più soffocato nell’ambiente nashvilliano e così decide di trasferirsi a Los Angeles per incidere la sua musica. Qui entra in contatto con il grande regista Robert Altman (quello del grande affresco sul mondo della country music degli anni settanta, Nashville) e da questa collaborazione Lovett ricava nuovi stimoli e trova spazio in alcuni film come I Protagonisti (The Player, 1992), America Oggi (Short Cuts, 1993) e Pret-a-Porter (1994). Più avanti curerà la colonna sonora de Il Dottor T E Le Donne.
Nel 1993 ha il suo quarto d’ora di celebrità quando sposa, a sorpresa, l’attrice Julia Roberts, ma il suo matrimonio sarà di breve durata. Il carattere schivo e timido di Lyle Lovett evidentemente era in contrasto con il luccicante stardom hollywoodiano.
Ritornando a parlare di musica, passano ben tre anni in cui Lyle non incide nulla e, nel 1992 esce Joshua Judges Ruth, il quarto capitolo della sua discografia. Come detto è inciso a L.A., agli Ocean Way Recorders, ed è un album dalla struttura più complessa dei precedenti. Le varie sonorità che Lyle ama sono presenti in maniera più omogenea ed il risultato è di grande effetto e qualità.
North Dakota, con i vocalizzi di Rickie Lee Jones, Baltimore, in cui Lyle Lovett è accompagnato dal trio formato da Matt Rollings al piano, Leo Kottke alla chitarra acustica e John Hagen al cello e Flyswatter/Ice Water Blues (Monty Trenckmann’s Blues) sono scarne ballate acustiche che hanno un grande potere introspettivo e ci mostran un artista con il suo ‘heart on the sleeve’, come direbbero gli americani, sincero ed indifeso. Per contro la sua anima jazz, blues e gospel si manifesta in maniera eccellente, dalla sensuale ballata All My Love Is Gone alla trascinante apertura di I’ve Been To Memphis con uno strepitoso Matt Rollings al piano.
Matt è senz’altro uno dei protagonisti di questo disco, al quale rimando per scoprire tutte le doti di questo musicista conosciuto ai più per le sue innumerevoli sessions a Nashville.
Per la prima volta fa la sua presenza il gospel e Church e Since The Last Time hanno una forza tale che credo possano essere apprezzate pienamente anche dai lettori di Country Store.
Family Reunion e soprattutto She’s Leaving Me Because She Really Wants To sono stilisticamente più ricollegabili alle matrici country con la presenza in quest’ultima della steel guitar di Jay Dee Maness e delle armonie vocali di Emmylou Harris.
Joshua Judges Ruth è uno dei capolavori di Lyle Lovett, un disco che necessita di qualche ascolto per essere pienamente assaporato ma che poi entra nel cuore e nella mente per non uscirne più. Lyle Lovett a mio parere è uno dei rari artisti che riesce a far convivere felicemente suoni così diversi l’uno dall’altro e a farli apprezzare abbattendo tutte le barriere musicali e culturali.
I fans di Lyle Lovett devono aspettare altri due anni prima di ascoltare sue nuove canzoni; è infatti il 1994 quando viene pubblicato I Love Everybody, ancora inciso a Los Angeles. Corredato da belle foto in bianco e nero che lo ritraggono nelle strade di Parigi, I Love Everybody è un album stringato negli arrangiamenti in cui vengono privilegiate le sonorità country/folk/blues più acustiche.
Lyle Lovett imbraccia la chitarra acustica e guida di volta in volta piccoli combo a cui prendono parte Russ Kunkel (e a volte Kenny Aronoff) alla batteria e John Leftwich a formare una sezione ritmica ispirata e creativa, il fido John Hagen al cello e Mark O’Connor al violino.
Skinny Legs, I Think You Know What I Mean, Creeps Like Me, Sonja, La To The Left, Just The Morning fanno parte del repertorio più folk di Lyle Lovett e ricordano l’approccio di John Gorka o di Robert Earl Keen alla materia, mentre il blues fa capolino in They Don’t Like Me, in Hello Grandma, in I’ve Got The Blues e in Good-bye To Carolina.
Deliziosamente gospel è invece Record Lady, con le voci di un quartetto d’eccezione che accompagnerà Lyle anche in concerto: Arnold McCuller, Sir Harry Bowens, Sweet Pea Atkinson e Willie Greene Jr.
I Love Everybody è un lavoro che si differenzia dal precedente in quanto vengono predilette canzoni di due/tre minuti e il risultato, comunque molto positivo, è un album estremamente scorrevole e fluido.
Lyle Lovett è uno di quei musicisti che hanno sempre lavorato senza imposizioni né per quanto riguarda le scelte artistiche né per quanto riguarda i tempi di lavorazione dei propri dischi.
La sua discografia, abbastanza parca, è a dimostrare questo concetto e, prima di pubblicare un nuovo lavoro passano altri due anni.
The Road To Ensenada è uno dei dischi più country di Lyle Lovett ed è anche pregno di una freschezza non comune. L’album vede il coinvolgimento di una schiera più nutrita di musicisti anche se i suoni risultano sempre concisi. Grandi ospiti nobilitano il disco, a dimostrazione di una continua e costante crescita di considerazione e di popolarità tra i colleghi.
Jackson Browne e Shawn Colvin prestano le loro voci ad una delle più belle canzoni del disco, Fiona; Herb Pedersen e Chris Hillman appaiono in Private Coversation e in I Can’t Love You Anymore; Randy Newman duetta con Lyle in Long Tall Texan.
Fiddle e steel guitar sono spesso presenti e danno un tocco più country a canzoni che già si ispirano a questo genere. Stuart Duncan, Paul Franklin e Matt Rollings si sobbarcano il viaggio da Nashville a Los Angeles per essere presenti alle sessions, mentre calforniani sono gli altri protagonisti, dalla storica sezione ritmica formata da Leland Sklar (basso) e Russ Kunkel (batteria) al chitarrista Dean Parks a Luis Conte alle percussioni.
That’s Right (You’re Not From Texas) è un divertentissimo e trascinante swing fiatistico, vero e proprio tour de force nei suoi concerti, Who Loves You Better, It Ought To Be Easier e The Road To Ensenada sono, assieme ai brani citati in precedenza, i punti di forza di quello che si può tranquillamente considerare uno dei capolavori di Lyle Lovett.
Questo è un momento di grande ispirazione per Mr. Lovett e dopo i canonici due anni di attesa esce un doppio cd che è una vera summa di quella che è stata la ‘scuola’ cantautorale texana di questi ultimi decenni. Step Inside This House (1998) è infatti il tributo alle radici musicali di Lyle Lovett; ventuno canzoni riprese dal repertorio di Steven Fromholz, Townes Van Zandt, Guy Clark, Walter Hyatt, Eric Taylor, Vince Bell, Willis Alan Ramsey, David Rodriguez, Michael Martin Murphey, Robert Earl Keen.
Ci troviamo di fronte ad un disco di rara e cristallina bellezza in cui Lyle Lovett dimostra una sensibilità e un amore nel riproporre materiale scritto da altri autori che è pari alla sua bravura come scrittore.
Step Inside This House è il classico esempio in cui il recensore si trova in profonda difficoltà ad estrapolare questo o quel brano, tale è la qualità della proposta, in termini di scelta del materiale e di bontà interpretativa.
Pochi ma di eccezionale valore i musicisti presenti in questo disco dai suoni ancora una volta prettamente acustici: gli ormai fedeli Russ Kunkel, Matt Rollings e Dean Parks sono affiancati da Victor Krauss (fratello di Alison) al basso, Jerry Douglas al dobro, Sam Bush al mandolino, Paul Franklin alla steel, Stuart Duncan al fiddle, Alison Krauss, David Ball e DesChamps Hood alle voci. Questo è un disco da avere assolutamente per conoscere o riscoprire dei veri e propri gioiellini. Un album da cinque stelle.
Nell’estate del 1999 viene pubblicato un live album, Live In Texas, un disco inciso qualche anno prima (29 agosto e 1 settembre 1995) ad Austin e San Antonio. Lyle Lovett con la Large Band al completo ci dà un esempio di quello che propone in concerto, con una selezione che tocca tutte le angolazioni e le sfaccettature della sua personalità musicale.
Ancora una volta jazz, folk, blues e country sono gli ingredienti di un piatto veramente appetitoso. Un solo brano inedito è compreso nel disco, Wild Women Don’t Get The Blues, vecchio blues firmato da Ida Cox, mentre Rickie Lee Jones appare anche nella versione dal vivo della bellissima ballata North Dakota.
Live In Texas, pur non aggiungendo nulla alla figura di Lyle Lovett, è divertentissimo ed estremamente piacevole.
Cowboy Man: Anthology Vol.1 è il titolo della recente retrospettiva sul primo periodo di Lyle (i primi tre dischi), prediligendo, come si arguisce dal titolo, le sonorità più country e folk.
Un’occasione ghiottissima per avvicinarsi al Lyle Lovett più vicino alle radici della musica che amiamo, con l’aggiunta di due ottime composizioni inedite, The Truck Song e San Antonio Girl, scritte originariamente per un prossimo suo disco ma inserite ad impreziosire questa raccolta.
In chiusura è giusto sottolineare ancora una volta l’importanza della figura di Lyle Lovett nell’economia della musica americana. Un personaggio poliedrico il cui lavoro può essere paragonato a quello fatto in passato da grandi artisti come Ry Cooder o David Bromberg; il suo mescolare svariate sonorità con invidiabile naturalezza e maestria lo pone su un piano di assoluta eccellenza.
Discografia:
Lyle Lovett (MCA/Curb, 1986)
Pontiac (MCA/Curb, 1987)
Lyle Lovett And His Large Band (MCA/Curb, 1989)
Joshua Judges Ruth (MCA/Curb, 1992)
I Love Everybody (MCA/Curb, 1994)
The Road To Ensenada (MCA/Curb, 1996)
Step Inside This House (2cd) (MCA/Curb, 1998)
Live In Texas (MCA/Curb, 1999)
Cowboy Man: Anthology Vol.1 (MCA/Curb, 2001)
Principali apparizioni:
Friend Of The Devil (Deadicated/Tribute to Grateful Dead) (Arista,1991)
Blues For Dixie (Tribute to the Music of Bob Wills & Texas Playboys) (Liberty,1993)
Funny How Time Slips Away (Rhythm Country And Blues) (MCA,1994)
Sold American (Pearls In The Snow/The Songs Of Kinky Friedman) (Kinkajou,1998)
Remo Ricaldone, fonte Country Store n. 63, 2002