Se il giudizio su di un disco, dopo il dovuto ascolto, deve rispettare classificazioni di categoria, qui l’imbarazzo della scelta è davvero forte. Breejo è molteplicità, varietà di generi, ampiezza musicale, collocabile in un registro di argomenti larghi, un compendio che contiene proposte di diversi stili, e canzoni che, ad ogni passaggio, portano con sé un’emozione disuguale dalla precedente. Eterogeneo, allo stesso tempo, grazie alle tracce seminate dalla personalità goliardica, leggera, romantica, polemica, seria e impegnata, di un musicista che si racconta, autentico in ogni sua sfaccettatura.
Marco Simoncelli, ‘un quarto di secolo tra live session, ore incalcolabili di sale prova e diversi palchi nei festival d’Europa’, si lancia in un progetto fatto di esperienze e di memorie, pregno di maturazione artistica e visioni musicali legate quantomeno a rimandi di una obliqua polaroid della contemporaneità: ritratti di ciò che, attorno a noi, sta dipingendo il mondo, il multiforme quadro nel quale oggi si ritrova l’individuo.
Cantautore di respiro internazionale ed armonicista poliedrico fra declinazioni blues, jazz, folk e pop, l’artista milanese di cammino ne ha compiuto: da Tuttology, il primo disco del 2008, prevalentemente dedicato al suo strumento e ad argomenti rock, alle avventure prima nei Magnetoscopics e poi in giro per il mondo. Ultimo intervallo, Bruxelles, dove nasce una nuova ispirazione, con i suoi diversi aspetti e le diverse sintonie, abbracciando il tempo immobile e invischiato del lock down.
Breejo si trasforma in un una pellicola che srotola istantanee brano dopo brano, ci parla di ricordi e sentimenti, di sottili delusioni di irrazionali stati d’animo e surreali situazioni. Da una beatlesiana Barcode Freedom, in bilico fra un arguto tono ironico che anima l’intero spirito del disco e un dialogo più intimo e profondo, al vivace uptempo di Green Pass, il singolo che ha preceduto l’album nello scorso ottobre, con i suoi esuberanti ritmi puntellati dai suoni rigogliosi della tuba (Fabio Bianchi) e da una chitarra minimale ma d’effetto (Heggy Vezzano), dal vibrante reggae di una Joke On Me in polemica coi falsi personaggi della politica italiana, in compagnia di due regine dello swing come Laura Fedele e Veronica Sbergia. Al motown pacato di Overall (VRL) con il suo mood anni 60, e il supporto di una band di prime linee, il tributo all’omonimo campione che nessuno mai arriverà a dimenticare e il suono della sabbia insieme al bianco della luce nelle esotiche inflessioni beduine di una policroma Desert e un vivace swing a chiudere i racconti, coadiuvato dalla splendida chitarra blues di Alberto Colombo.
Tutti brani ‘scritti di pancia’ tra settembre e novembre del 2021, mentre due le cover: Green Flower Street di Donald Fagen, dall’andamento sincopato, e una Bye Bye Love che si trasforma in una ballata country. Un plauso all’encomiabile registrazione, il suono equilibrato di Auditoria Recording Studio e la produzione di Biagio Sturiale siglano un ottimo lavoro. Un sapido miscuglio ben studiato e strutturato, un sound vivace e accattivante in uno spirito corale costruito da eccelsi musicisti. Breejo rappresenta un lavoro concepito con riguardo, accurato ed elegante che guadagna spazio fra i migliori dischi di settore in casa Italia.
Abeat (Blues, Soul, 2023)
Helga Franzetti, TLJ 2023
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