Quando nel 1997 un giovanissimo Rob Ickes stava per dare alle stampe l’esordio discografico pochi pensavano che, da li a poco, sarebbe diventato uno dei più ricercati session man del circuito bluegrass e che, nel giro di pochi anni, altri capitoli si sarebbero aggiunti alla sua discografia.
Come già dagli esordi il suo è stato un intelligente e particolare percorso spinto a trovare la giusta dimensione tra il classico della tradizione e quel newgrass che infiammando gli spiriti degli adepti più giovani stava riportando nuova linfa nelle vene del bluegrass.
Dal primo Hard Times a questo Big Time sembra che di tempo non ne sia passato poi molto anche se, a ben vedere, il suo dobro scintillante sembra essere sempre più propenso a colorare di nuove sfumature una tradizione che, grazie anche alla copertura dei media, sembra assurta a nuove fortune; quindi, pur sempre con tecnica strepitosa ma anche molto calore, vedo in questo nuovo CD sempre più stretti i legami più con il neotradizionale che con le aperture progressive che in alcuni momenti dei precedenti lavori lo avvicinavano decisamente ai suoni delle nuove jam-grass band.
D’altronde con le mostruose capacità tecniche non solo di Rob (sei volte vincitore del premio come migliore dobroista dell’anno insignitogli dalla IBMA), ma anche dei suoi Blue Highway non ci stupiamo di vedere trasformati in piccoli ma lucenti gioielli non solo canzoni di personaggi come James Taylor, Bill Monroe, Merle Travis ma anche una manciata di temi traditionals tra i quali spiccano stupende riletture di brani come Wayfaring Stranger e Fiddler’s Dream.
In pratica sembra che il viaggio iniziato a San Francisco, sua città natale, ascoltando i dischi di Mike Auldrige, e passato attraverso un piccolo viaggio nel mondo del jazz (le sue diverse cover di pezzi di Herbie Hancock, Earl Klugh, Miles Davis, Larry Carlton) sia finito, in questo Big Time, alle radici di tutto, una sorta di viaggio zig-zagando a 360 gradi nel mondo della musica.
Il giusto rapporto tra lente ballads dagli spunti sempre molto soulful e i veloci contrappunti strumentali, soprattutto tra il dobro di Rob e i mandolini di Jason Burleson e Shawn Lane, rendono l’ascolto vivace e seppur mancando, in certo qual modo, l’eclettismo trovato nei precedenti lavori, non si fatica a ripetere l’ascolto del CD sempre con rinnovato interesse.
Sicuramente questo Big Time non sarà solo un boccone prelibato per gli amanti del dobro o della musica acustica tout court, ma, rimandandoci magari con la memoria alle immagini di ‘Fratello Dove Sei?’, tutti gli amanti della musica d’oltre oceano non faranno fatica a trovare spunti interessanti.
Rounder 538 (Bluegrass Progressivo, Bluegrass Moderno, 2004)
Paolo Liborio, fonte Out Of Time n. 44, 2004
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