Kate Wolf

“Gone but not forgotten” è una frase di uso estremamente diffuso nella lingua anglosassone e solitamente sta ad indicare una persona che, pur scomparsa, ha lasciato un ricordo indelebile di sé ed il paragone con la cantautrice californiana Kate Wolf ci sembra estremamente calzante.
Originaria della California Settentrionale, Kate è stata per anni una figura di riferimento nel circuito radiofonico della costa occidentale ed ha dispensato generosamente le delicate armonie acustiche che sapientemente traeva dalla sua chitarra, fino a crearsi un corposo e fedelissimo seguito di amici, che l’ha resa di fatto una ‘cult musician’.
La discografia di Kate Wolf. morta di leucemia poco più che quarantenne, si snoda nell’arco di un ventennio e di undici albums (senza contare le compilations e le antologie), che andremo a riesaminare in questa sede, prendendo spunto anche dall’album-tributo, Treasures Left Behind, che alcuni amici/musicisti hanno voluto dedicarle in tempi recentissimi.
Quello che segue non ha certo la pretesa di essere un articolo monografico, piuttosto una ‘discografia commentata’, con il dettaglio dei brani contenuti nei vari albums.
Se i nostri lettori riterranno interessante l’operazione, potremo ripeterla con altri personaggi a noi cari, conosciuti e non.

Back Roads – Owl Records OL001 – 1976
Si tratta del primissimo disco (eh sì, perché allora era ancora in auge il glorioso vinile…) pubblicato dalla microscopica indie Owl Records. La confezione è corredata da un foglio di spessa carta color tabacco, che reca su un lato l’immagine di Kate, mentre l’altro riporta i testi completi dei dodici brani, otto dei quali sono a firma della novella cantautrice, due sono opera del duo Cyrus Clarke & David West (leggi Cache Valley Drifters), mentre George Schroeder e Lee Greenwood si dividono amichevolmente il credito delle due songs rimanenti.
Tutto il disco è pervaso da un’atmosfera dolcemente rilassata, bucolica e folk-oriented, con un profumo di semplicità agreste che sa dì gente che fa musica per un piacere quasi egoistico di fruirne, non certo con il pensiero indirizzato alle classìfiche di vendita.
Questo suo primo sforzo è giustamente accreditato a Kate Wolf & The Wildwood Flower, dove Kate suona la chitarra acustica e canta, accompagnata dalla sua band fissa Wild­wood Flower, composta da Don Coffìn (voci, mandolino, armonica e chitarra solista), Paul Ellis (fiddle) e Will Siegel (dobro, banjo e voce). Per l’occasione si aggregano Pete Wiseman al contrabbasso ed il succitato David West, che canta con Kate la stupenda Tequila & Me (la rifaranno Greg Brown & Ferron nel tribute album) e suona la chitarra solista nella sua Legend In His Time, scritta in memoria del compianto Gram Parsons e firmata insieme al pard Cyrus Clarke.
Fra i brani da segnalare The Redtail Hawk, introdotta da un arpeggio inquietante di chitarra acustica, mentre l’armonica prima ed il fiddle ed il dobro poi ricamano delicatamente sulla voce suadente della nostra. Ancora oggi, a distanza di oltre ventanni, la canzone mantiene intatto il suo fascino magnetico. Da ricordare ancora It Ain’t In The Wine, con quel suo andamento country, sottolineato da un dobro maledettamente laid-back.
Legend In His Time ha la struttura tipica della country-song tradizionale ed il testo è davvero toccante nel ricordo di Gram Parsons, che durante il suo periodo di militanza all’interno della compagine dei Byrds, per primo ebbe il coraggio di fondere i due termini, ‘country’ e ‘rock’, fino ad allora così antitetici, in un unico linguaggio musi­cale.
Riding In The Country ha il brio di certe arie tradizionali e ben si presta all’interpretazione rigorosamente acustica che è decisamente in sintonia con tutto il disco.
Un esordio in punta di piedi, quasi timido, senza il supporto di alcun battage pubblicitario, ma con tanto calore e tanta comunicativa ed una pubblicità disinteressata, trasmessa di bocca in bocca, a mano a mano che la notizia si spargeva fra gli aficionados: “Sai che è uscito un disco davvero interessante… lei è un’esordiente, ma davvero molto brava. Si chiama Kate Wolf e…”.

Side One
Lately – K.Wolf
Emma Rose – K.Wolf
Sitting On A Porch – K.Wolf
The Redtail Hawk – G.Schroeder
Telluride – D.West & C.Clarke
Goodbye Babe – K.Wolf

Side Two
It Ain’t In The Wine – L.Greenwood
Tequila & Me – K.Wolf
Legend In His Time – D.West & C.Clarke
Riding In The Country – K.Wolf
Oklahoma Going Home – K.Wolf
Back Roads – K.Wolf

Lines On The Paper – Kaleidoscope Records F 7 – 1977
Sempre per l’intraprendente Owl Records esce anche il secondo episodio a nome di Kate Wolf & Wildwood Flower. Lines On The Paper, questo il titolo, riporta anche il nome dell’intera formazione dei Cache Valley Drifters quali attivi co-artefici di questo progetto ‘corale’.
Kate compone da sola dieci dei dodici brani qui compresi ed il suo songwriting è cresciuto, si è evoluto in una forma espressiva più matura, che riesce sapientemente a fondere la ricerca melodica di chiara matrice folk, con le tematiche immediate e dirette della realtà quotidiana di ciascuno di noi.
Un altro disco ‘rilassato’ e senza significati reconditi: musica gradevolissima ed altrettanto dolce, da ascoltare magari accanto al fuoco (medesimo ambiente che ha fatto da cornice alle sessions che lo hanno originato), con un bicchiere in mano ed un ricordo nel cuore.
Le tematiche si rifanno essenzialmente a due linee stilistiche.
Una è la ballata intimista, quale l’iniziale I Don’t Know Why, dove l’autrice confessa la sua perplessità circa i sentimenti che prova nei confronti di chi sembra non meritarli, l’introspettiva You’re Not Standing Like You Used To, gratificata delle due soliste acustiche in mano ai fidi David West e Cyrus Clarke, la sussurrata The Heart, impreziosita dalla timida armonica di Don Coffin e dal fiddle di Paul Ellis o la conclusiva Lay Me Down Easy.

L’altra è la linea più scanzonata, che si diverte a scherzare con tempi più veloci, sorretti dal mandolino e dal fiddle. A questo secondo ipotetico filone sono riconducibili le varie Everybody’s Looking For The Same Thing (attenti a non farvi fuorviare da interpretazioni maligne…), dove si celebra l’utilità della rustica bacheca appesa sul muro del general store locale e dove tutti possono appuntare il proprio avviso di ricerca o di offerta delle mercanzie più disparate, il title-track, con quel gradevolissimo tocco di novità rappresentato dall’accordion in mano a Jim Nail, la semi-bluegrass Picture Puzzle, che vede la partecipazione della nuova formazione dei Wildwood Flower nelle persone dei veterani Don Coffin e Paul Ellis, affiancati dai nuovi acquisti che rispondono ai nomi di Eddie B.Barlow (dobro e voci) e Blair Hardman (basso).
Una menzione doverosa agli episodi country-oriented, quali le imprescindibili I Never Knew My Father, con tanto di steel-guitar ad opera di Gary Rhoda ed Amazed To Find, scritte entrambe dalla stessa Kate.
In sintesi, si tratta del logico prosieguo dello stesso discorso che era iniziato un anno prima, portato avanti con la stessa fermezza di intenti e lo stesso rifiuto di piegarsi a qualsiasi forma di compromesso commerciale.

Side One
I Don’t Know Why – K.Wolf
Lines On The Paper – K.Wolf
You’re Not Standing Like You Used To – K.Wolf
Picture Puzzle – K.Wolf
The Heart – K.Wolf
The Trumpet Vine – K.Wolf

Side Two
I Never Knew My Father – K.Wolf
Amazed To Find – K.Wolf
Everybody’s Looking For The Same Thing – K.Wolf & H.Shucklett
The Lilac & The Apple – K.Wolf
Midnight On The Water – Traditional
Lay Me Down Easy – K.Wolf

Safe At Anchor – Kaleidoscope Records F-11 – 1979
Come cresce in soli due anni la personalità di songwriter di Kate Wolf! Dalle ceneri dell’artista folk-oriented dei primi due albums si libra ora – sorta di novella araba fenice – una compositrice matura, una cantautrice che è ben conscia di ciò che vuole dire e di come dirlo.
Molto credito di questo salto di qualità va ad un personaggio ‘nuovo’ che entra prepotentemente nella vita artistica di Kate Wolf: Bill Griffin. Il sodalizio con Bill veste di sonorità nuove il tessuto lirico di Kate: si sente subito che esiste fra di loro un feeling artistico, un’identità piú o meno esplicita di intenti, che sfocia in un’armonia d’insieme che partorirà dei veri e propri capolavori, a partire da questo Safe At Anchor.
Gli arrangiamenti diventano più corposi, senza per questo risultare eccessivi; l’apporto del piano di Bill, abbinato magari all’accordion di Jim Nail (vedasi l’iniziale Safe At Anchor) raggiungono vette di lirismo altissimo ed altrettanto possiamo affermare riguardo alla combinazione di pedal steel (Peter Siegel) e violino (Dan Rubin) che corona September Song o il dualismo rappresentato dalle chitarre soliste dei soliti David West e Cyrus Clarke abbinate all’arpa celtica di Christopher Caswell in Seashore Mountain Lady.
Da non sottovalutare è poi il lavoro di cucitura d’insieme rappresentato dal basso acustico di Bill Amatneek e dalla steel di Peter Siegel (ascoltate gli interventi in Early Morning Melody) attraverso tutto il disco. Sembra non esserci limite al lirismo che si sprigiona dalle note di Sweet Love od alla gioia che danza sugli accordi di She Rises Like The Dolphin.

Side One
Safe At Anchor – K. Wolf
Early Morning Melody – K.Wolf
Seashore Mountain Lady – K.Wolf
Looking Back At You – K.Wolf
Two-Way Waltz – K.Wolf

Side Two
Shining! – K.Wolf
September Song – K.Wolf
Sweet Love – K.Wolf
She Rises Like The Dolphin – K.Wolf
Great Love Of My Life –
K.Wolf

Close To You – Kaleidoscope Records F-15 – 1981
Altri due anni e le nostre orecchie spirituali possono godere di un nuovo album di Kate Wolf, sempre tramite la benemerita Kaleidoscope Records. Nel 1981 vede la luce Close To You ed è un po’ una rimpatriata fra amici che si conoscono molto bene e per questo si apprezzano, pur anche (o soprattutto) nei loro difetti.
La classe e lo smalto di Kate Wolf cantautrice crescono ancora e gli arrangiamenti si fanno più ricercati.
Abbandonate definitivamente le tematiche country-folk degli inizi, grazie a Bill Griffin, Kate amplia i propri orizzonti a sonorità che le sarebbero state un tempo precluse dalle sue stesse premesse tradizionalistiche.
Fa addirittura capolino una timida batteria, una chitarra ed un basso elettrici ed un tessuto dolcemente folk-rock, ma con contrappunti molto ricercati, che ben poco spazio lasciano alla superficialità o all’improvvisazione.
Abbiamo a che fare con un ‘prodotto finito’ e rifinito in tutti i particolari (thanks to Bill Griffin e Tom Diamant) e che potrebbe far invidia a qualsiasi produzione di major.
A sostegno di questo nuovo ‘giro di boa’ di classe (e di budget), si nota la presenza dell’ace-guitarist Tony Rice in Like A River (se ne faranno carico i Rowan Brother nel fatidico tribute-album), mentre altrove egli presta le sue armonie vocali senza risparmiarsi. Nello stesso brano è meritevole di una speciale menzione il lavoro della polistrumentista Nina Gerber al mandolino: a dir poco eccellente.

Fra i brani che emergono dalla media – comunque decisamente alta – ricordiamo Unfinished Life, tristemente autobiografica pur nella dignitosa consapevolezza della fine, Friend Of Mine, uno dei motivi più noti e del quale si prenderà cura Nanci Griffith nel tribute-album di cui sopra e Here In California (che godrà delle attenzioni di Lucinda Williams nel pluri-citato disco-tributo), esaltate dalle armonie vocali di Nina Gerber e Ford James, oltre che dalle 12 corde della chitarra di Bill Griffin.
Stone In The Water suona decisamente country-folk mentre Love Still Remains è sicuramente country-oriented, ma per noi questi non sono certamente difetti.
Come restare poi indifferenti alla toccante umanità del testo di Eyes Of A Painter: “…(Il nonno) aveva gli occhi di un pittore ed il cuore di un creatore di canzoni/ Le sue parole cadevano come pioggia sull’arida pianura desertica/ così preziosa e così velocemente evaporata..”.

Side One
Across The Great Divide – K.Wolf
Legget Serenade – K.Wolf
Like A River – K.Wolf
Unfinished Life – K.Wolf
Friend Of Mine – K.Wolf

Side Two
Love Still Remains – K.Wolf
Eyes Of A Painter – K.Wolf
Here In California – K.Wolf
Stone In The Water – K.Wolf
Close To You – K.Wolf

Give Yourself To Love – Kaleidoscope Records 3OOO – 1983
Ancora una volta l’intervallo fisiologico che ci divide dall’album seguente ammonta a due lunghi anni, ma il bottino per le nostre orecchie è quanto mai ragguardevole: un doppio live che raccoglie la summa dei sei precedenti anni di esperienze discografiche ed umane.
Il disco reca sul retro una frase del grande medico e premio nobel Albert Schweitzer: “Talvolta la nostra luce si spegne, ma si riaccende grazie all’incontro con un altro essere umano. Ciascuno di noi è debitore della più profonda gratitudine nei confronti di coloro che hanno ravvivato questa luce interiore”.
Questo messaggio di gratitudine e di amore in senso lato – tutto il disco è dedicato alle diverse sfaccettature che l’amore può assumere, quasi si trattasse di un concept-album – si rispecchia attraverso tutto il lavoro, a cominciare dal title-track, “Dona te stesso/ all’amore”: “…l’amore non può darti tutto, ma ti dona ciò di cui hai bisogno… l’amore arriva quando sei pronto, l’amore arriva quando hai paura; sarà il tuo più grande maestro ed il migliore amico che tu abbia mai avuto…”.
Da un punto di vista di cronaca, il disco si snoda attraverso due percorsi paralleli, fusi insieme dalla sicura personalità di interprete che ormai caratterizza la nostra Kate Wolf: le ballate a firma della stessa e le covers, disseminate sapientemente nel corso delle quattro facciate che scorrono come se si trattasse di un’unica performance (mentre le registrazioni abbracciano un arco di cinque mesi, dal novembre 1982 al marzo 1983).

Fra le prime ricordiamo gli inediti Give Yourself To Love, fra le cose migliori uscite dalla pur prolifica penna di Kate e che sarà oggetto di cura da parte di Kathy Mattea nel trib­ute-album, Desert Wind, nella sua rarefatta purezza, acustica, Green Eyes, fra le mie preferite in assoluto (per quello che questa affermazione può valere), Hurry Home, frizzante, accattivante e tradizionale, Cornflower Blue (la recupererà Eric Bogle nel tributo), Far-Off Shore, These Times We’re Livin’ In (sarà scelta per la performance-omaggio di Dave Alvin), per finire con Medicine Wheel, palese tributo alla cultura del popolo pellerossa.
Fra le covers incontriamo sapienti riesumazioni dal ricchissimo patrimonio del cantautorato statunitense (e non) degli anni ’70: Peaceful Easy Feel­ing, scritta da Jack Tempchin e portata al successo dagli Eagles (1972), The Ballad Of Weaverville opera della coppia Mary McCaslin-Jim Ringer (conterranei di Kate) ed inclusa nel Prairie In The Sky (1975) di Mary McCaslin in veste solista.
Imprescindibile recupero poi di Some Kind Of Love (1975), uno dei gioielli di John Stewart, altro cult-singer-songwriter californiano (guarda caso) che ha legato il suo nome ad una carriera artistica fulgida quanto avara di riconoscimenti, ad esclusione del periodo con il Kingston Trio all’inizio degli anni ’60.
Altro ripescaggio eccellente per Who Knows Where The Time Goes dalla penna di Sandy Denny dei britannici Fairport Convention risalente al lontano 1969.
Tutto l’album è pervaso dalla serena rilassatezza che scaturisce da un’artista in pace con se stessa e con il mondo, da un’anima volta a cogliere tutti gli aspetti positivi della vita, pur nella pacata e dignitosa consapevolezza del destino segnato da una sorte tristemente irreversibile.

Side One
Give Yourself To Love – K.Wolf
Desert Wind – K.Wolf
Peaceful Easy Feeling – J. Tempchin
The Ballad Of Weaverville – J.Ringer & McCaslin
Green Eyes – K.Wolf

Side Two
You’re Not Standing Like You Used To – K.Wolf
The Hobo – H.Shucklett
Hurry Home – K.Wolf
Some Kind Of Love – J.Stewart
Who Knows Where The Time Goes – S.Denny

Side Three
Cornflower Blue – K.Wolf
Picture Puzzle – K.Wolf
Far-Off Shore – K.Wolf
Agent Orange – M.Hogan
The Times We’re Living In – K.Wolf

Side Four
Sweet Companion – J.Nichols
Medicine Wheel – K.Wolf
Pacheco/ Redtail Hawk – G.Schroeder & R.Williamson
Friend Of Mine – K.Wolf, N.Gerber & F.James

Poet’s Heart – Kaleidoscope Records F-24 – 1985
A costo di ripetermi, sottolineo ancora una volta il fatidico intervallo biennale che ci separa dal nuovo album di Kate Wolf: un nuovo appuntamento ed il rinnovo di quella promessa di onestà, dolce eppure mesta, trasposta nei solchi di un vinile al quale siamo molto affezionati.
Poet’s Heart vede Kate oramai giunta ad una assodata maturità espressiva ed artistica, sia a livello musicale che lirico. I testi sono sempre introspettivi e permeati di quella
quotidianità che la rendono ancora più vicina al cuore di chi vuole avvicinarsi al suo (e nostro) mondo.
Affetti, sensazioni, situazioni nelle quali ognuno può rivedere se stesso e dalle quali chiunque può trarre ispirazione e giovamento: basta darsi il tempo di ascoltare.
Fra gli episodi salienti di questa sesta prova vale la pena di citare l’iniziale Poet’s Heart, gradevolmente arrangiata, anche a livello di impasti vocali, la toccante Carolina Pines (verrà rielaborata nel tribute-album dalla coppia Cris Williamson e Tret Fure, quest’ultima autrice di un oscuro album cantautorale californiano degli anni ’70), che ripropone le tematiche tipiche e care a Kate.
Se da un lato la cura degli arrangiamenti ha portato ad un’evoluzione stilistica del prodotto finito, che si conferma di alta qualità tecnica, senza perdere alcunché in termini di fruibilità ed immediatezza di assimilazione, dall’altro Kate ha mantenuta intatta quella onestà di intenti e chiarezza di contenuti che hanno caratterizzato la sua produzione fino dall’album di esordio.
Sempre da questo disco sono poi tratti altri due episodi che andranno ad arricchire il tributo dei giorni nostri: In China Or A Woman’s Heart (There Are Places No One Knows) (che titolo!) arricchita dalla perfor­mance al dobro del grande Mike Auldridge (vi dice qualcosa il nome Seldom Scene?), riproposta dalla veterana folksinger Rosalie Sorrels in una vissuta versione acustica e la pianistica See Here, She Said (già dal live Kate si divide fra piano e chitarra acustica), rimessa a nuovo da una delle figure seminali del folk americano più squisitamente ‘left wing’: Bruce ‘Utah’ Phillips. La versione originale ci viene proposta con tanto di arpa celtica, sapientemente pizzicata da Kim Robertson.
Come sempre, i testi sono riproposti per intero nella busta interna del disco, ad ulteriore testimonianza dell’importanza che Kate dá al messaggio lirico della sua proposta artistica.

Side One
Poet’s Heart – K.Wolf
Carolina Pines – K.Wolf
Muddy Roads – K.Wolf
All He Ever Saw Was You – K.Wolf
Brother Warrior – K.Wolf

Side Two
Crying Shame – K.Wolf
Stender Thread – K.Wolf
In China Or A Woman’s Heart – K.Wolf
See Here, She Said – K.Wolf

The Wind Blows Wild – Kaleidoscope Records F-3O – 1988
Ad un anno circa dì distanza dall’uscita di Poet’s Heart, Kate ci lascia, all’età di 44 anni, stroncata dall’impietosa leucemia diagnosticatale dal 1985. Già dal periodo precedente la sua morte, Kate aveva espresso alla Kaleidoscope Records il desiderio di registrare affinchè la sua musica continuasse ad essere pubblicata – anche postuma, qualora fosse avvenuto ciò che era tristemente prevedibile – utilizzando la grande quantità di materiale registrato, sia in studio, che dal vivo o per trasmissioni radiofoniche.
E’ così che esce The Wind Blows Wild del 1988, album-puzzle che raccoglie performances che coprono un arco di tempo dal 1979 al 1987.
Il contesto varia dalle intime confessioni acustiche dell’iniziale Old Jerome, di Streets Of Calgary o Clearing In The Forest (solo Kate e la sua chitarra), per operazioni più ‘orchestrate’, tipo la conclusiva Give Yourself To Love con tanto di piano (Bill Griffin) e basso elettrico (Robin Sylvester) o l’affollata Rising On The Moon, con due chitarre a sei corde, una chitarra a dodici corde, mandolino, basso acustico e tre voci.
Di Kate Wolf la sua affezionatissima amica e collaboratrice Nina Gerber scrive nelle note di copertina del disco: “…Kate è stata la mia ispirazione, la mia maestra, compagna di viaggio e di esperienze musicali, ed amica. Mi ha insegnato ad “aprire il mio cuore alle lacrime ed alle risate…” (citando il testo di Give Yourself To Love, n.d.r.) e credetemi, ce ne sono state in abbondanza delle une e delle altre. La sua spiritualità e la sua musica sono ancora nel mio cuore e ci resteranno per sempre”.

Side One
Old Jerome – K.Wolf
Statues Made Of Clay – K.Wolf
Monday In The Mountains – K.Wolf
Laugh Like That – K.Wolf
Rising Of The Moon – K.WolF

Side Two
Streets Of Calgary – K.Wolf
Fly Away – K.Wolf
The Wind Blows Wild – K.Wolf
Clearing In The Forest – K.Wolf
Give Yourself To Love – K.Wolf

An Evening in Austin – Kaleidoscope Records K-36, ristampa Rhino Records R2 71487 – 1989
Fedeli all’impegno preso con Kate prima della sua scomparsa, i discografici coinvolti hanno provveduto a stampare in CD (il primo della discografia di Kate Wolf) la traccia musicale che faceva da sottofondo al video intitolato An Evening In Austin, registrato dal vivo nel Novembre del 1985 nel corso della famosissima trasmissione Austin City Limits.
Vi si possono trovare ben quattordici performances che spaziano lungo tutto l’arco temporale della carriera di Kate: dalla delicata Green Eyes alla scanzonata e ‘bluegrassata’ Picture Puzzle (con divertenti interventi pseudo-blues).
Non mancano neppure Give Yourself To Love, Friend Of Mine e These Times We’re Living In, ma il piatto forte è rappresentato dagli inediti. La celeberrima Let’s Get Together a firma del ‘psichedelico’ Dino Valenti di californiana (acida) memoria e One More Song, un brano a firma Jack Tempchin, cantautore misconosciuto anch’egli californiano, forse più noto per le collaborazione in ambito Eagles-Glenn Frey, che per i suoi albums solisti.
A firma della stessa Kate troviamo poi Crying Shame, vissuta e soffusa come non mai.
E’ vero che il fatto di essere rappresentato da performances inedite rende il materiale qui contenuto interessante, ma è altrettanto vero che, a partire da questo CD, si assisterà ad una sorta di saccheggio indiscriminato degli archivi privati di Kate, fino a ripubblicare ogni singola esibizione della sfortunata cantautrice, ma questa è storia più vicina a noi.

Side One
Eyes Of A Painter – K.Wolf
Green Eyes – K.Wolf
Picture Puzzle – K.Wolf
Brother Warrior – K.Wolf
Carolina Pines – K.Wolf
Love Still Remains – K.Wolf
Like A River – K.Wolf

Side Two
Give Yourself To Love – K.Wolf
Pacheco – R.Williamson
The Redtail Hawk – G.Schroeder
These Times We’re Living In – K.Wolf
Let’s Get Together – D.Valenti
Friend Of Mine – K.Wolf
One More Song – J.Tempchin

Looking Back At You – Rhino Records R2 71613 – 1994
Servono circa quattro anni e mezzo per mettere a punto Looking Back At You, il ‘nuovo’ progetto riguardante Kate Wolf. Si raccolgono per l’occasione dieci brani registrati durante l’arco dei tre anni che vanno dal San Diego Folk Festival del 1977 alle performances del 1978 e 1979 che hanno visto il popolare negozio di chitarre/auditorio McCabe’s fare da sfondo alle delicate piroette acustiche di questa gentile – ma al tempo stesso caparbia – signora; il tutto transitando in punta di piedi per le registrazioni realizzate nell’aprile del 1977 per la trasmissione Folkscene, in onda dalla stazione di Los Angeles KPFK.
Dal primo pacchetto segnaliamo Springfìeld Mountain Coal Miner, scritta da Cyrus Clarke, più volte collaboratore di Kate. Il brano, di ispirazione tradizionale, è dedicato dall’autore al fratello, veterano del Vietnam e rientrato in patria completamente impazzito per le violenze delle quali era stato testimone.
Nello stesso anno Kate realizza una delle tante apparizioni radiofoniche in California, per la stazione KPFK, dove esegue una bella versione di Bird On The Wire, classico di Leonard Cohen, che rivede l’apporto strumentale e vocale di Don Coffin.
Allo stesso contesto appartiene anche la rielaborazione del traditional The Lover’s Return, supportata dalla chitarra del solito Don Coffin.
La parte del leone la fanno comunque le esibizioni al McCabe’s: The Old Street Singer, inedito della stessa Kate, è una struggente e commovente ballata acustica, che danza sugli arpeggi della sua chitarra acustica. Dallo stesso palco assistiamo anche alla rielaborazione di un altro brano tradizionale, I Had A Good Father And Mother e di un pezzo a firma Tom Paxton, Hold On To Me Babe.

Accompagnata da Nina Gerber alla chitarra ed armonica e da Don Lange (autore di almeno tre albums solisti) alla chitarra e voce, Kate ci regala poi una toccante riedizione del classico di Bruce ‘Utah’ Phillips Rock Salt & Nails, rifatto da una foltissima schiera di interpreti folk e non.
Accompagnata dalla sola Nina Gerber e dalla sua chitarra, giunge il momento per Kate di riproporci la sua Looking Back At You ed un’altra cover eccellente nelle note e nei versi di These Days, a firma di uno dei capiscuola del cantautorato californiano: quel Jackson Browne che probabilmente meglio di chiunque altro impersona il cantautore westcoastiano per eccellenza degli anni ’70.
Chiude la rassegna-puzzle una composizione scritta a quattro mani dalla stessa Kate e da Jack Auldridge: la breve Traveling Day, dal sapore agrodolce e tradizionale al punto giusto.

Side One
The Old Street Singer – K.Wolf
I Had A Good Father And Mother – Traditional
Hold On To Me Babe – T.Paxton
Rock Salt & Nails – B.Phillips
The Lover’s Return– Traditional

Side Two
Looking Back At You – K.Wolf
Bird On The Wire – L.Cohen
Springfield, Mountain Coal Miner – C.Clarke
These Days – J.Browne
Traveling Day – J.Aldridge & K.Wolf

Breezes – Gadfly Records 210 – 1995
Ennesima operazione di ‘archeologia musicale’ per il nuovo (si fa per dire, visto che le sessions risalgono al giugno del 1973) CD accreditato a Kate Wolf. Tutte le composizioni di questo Breezes, edito nel 1995 per la minuscola Gadfly Records del Vermont, portano la firma del binomio Kate Wolf-Lionel Kilberg, quest’ultimo presente in tutti i dodici brani al basso, kazoo ed harmony vocals.
L’organico – essenziale quanto meno – è completato da Don Coffin alla chitarra, mandolino, armonica (grandi performances, pre­cise e misurate) ed harmony vocals, oltre a Kate, che canta e suona la chitarra. Le registrazioni sono poco più che demo-tapes. La qualità non è omogenea (ma neppure scarsissima) e l’origine casalinga e non – destinata – a – vedere – la -luce – ufficiale delle sessions è più che evidente.
In tutta onestà, si tratta del pezzo meno significativo di tutta la produzione di Kate Wolf. Si elevano al disopra della media la ballata There Are No Medals For Loneliness, introdotta da un basso estremamente cupo e da un’armonica angosciata e You caratterizzata da un accompagnamento quasi impalpabile e da una melodia piacevolmente deja vu.

Side One
Breezes – K.Wolf-L.Kilberg
Equality – K.Wolf-L.Kilberg
Nevada – K.Wolf-L.Kilberg
There Are No Medals For Loneliness – K.Wolf-L.Kilberg
Help – K.Wolf-L.Kilberg

Side Two
Sonja Fromèrova – K.Wolf-L.Kilberg
It Only Takes – K.Wolf-L.Kilberg
I’m 82 – K.Wolf-L.Kilberg
You Can’t Go Back – K.Wolf-L.Kilberg
You – K.Wolf-L.Kilberg
Liberation – K.Wolf-L.Kilberg
We Walked By The Water – K.Wolf-L.Kilberg

Carry It On – Flat Rock Records PR 3O1 – 1996
A soli dodici mesi – siamo quindi nel 1996 – prende vita un’altra collezione (se usassimo il termine ‘compilation’ potremmo correre il rischio di essere fraintesi) di brani inediti eseguiti da Kate Wolf.
Questa volta il titolo del lavoro, tenuto a battesimo dalla Flat Rock Records di El Cerrito, CA, un’altra meteora del panorama indie, viene mutuato dal classico Carry It On, reso popolare nella metà degli anni ’60 da Joan Baez, in pieno periodo di folk revival.
Le registrazioni raccolte in questo contesto spaziano ancora all’interno di un periodo piuttosto vasto (1978-1981 ), ma ciò che le lega e le amalgama così bene è la dolcezza con la quale queste songs vengono (ri)proposte. Si parte con l’armonica dell’inseparabile partner Nina Gerber e la rilettura di un classico del cantautorato USA mid 70’s: Then Came The Children, ad opera di quell’artista-culto che risponde al nome di Paul Siebel, autore di una manciata (scarsa) di album che ancora escono vincitori dal confronto con il passare del tempo.
Ancora dalle sessions del marzo ’79 è tratta la bella September Song, a firma della stessa Kate, pervasa dalla stessa dolce tristezza che caratterizza molte delle composizioni di questa sfortunata (ma chi siamo noi per definirla così?) cantautrice.
Più recente in termini temporali (1981) è la rivisitazione di un altro brano-manifesto della canzone d’autore di oltre confine (settentrionale, questa volta): Both Sides Now è infatti stata scritta da Joni Mitchell ed è stata riproposta da generazioni di performers nel corso dei suoi trent’anni di età. Kate ci passa una versione squisitamente acustica e non poteva essere diversamente, senza dimenticare il prezioso apporto dell’onnipresente Nina Gerber, in questo caso impegnata all’acustica solistica con notevoli risultati.
We Were Strangers è un inedito dalla penna della prolifica Kate e ci si domanda come mai questa piccola gemma sia rimasta in quel capiente scrigno che risulta essere il ‘cassetto’ della famiglia Wolf. Essenziale ed estremamente lineare, il brano ha il gusto semplice ed immediato della canzone folk ed è memorizzabile fin dal primo ascolto.

Di Carry It On abbiamo già detto; a quanto sopra possiamo aggiungere che il suo autore, Gil Turner, è stato il primo a pubblicare su di un giornale un’intervista a Bob Dylan ed è stato il primo a registrare una sua canzone.
Le atmosfere spensierate e gioiose di un certo filone di musica di ispirazione country-folk ben si fondono con le note di un altro inedito: Old And Lonely Sound, dove le armonie vocali del bassista Rick Byars e di Eddie B. Barlow al dobro, danno al brano un vago sapore bluegrass (vocalmente parlando).
Altra cover per un brano del misconosciuto cantautore dell’Oklahoma a nome Willis Alan Ramsey. Autore di un acclamato (soltanto dalla critica, ma senza il consenso delle vendite) album omonimo per la Shelter Records del lontano 1972, Ramsey viene tirato in ballo con un brano dedicato a Woody Guthrie e dolcemente acustico: Boy From Oklahoma.
Dalla stessa serata sono tratti anchi i due brani seguenti, logicamente legati al nome del compositore, il vecchio Woody, appunto: One By One e Forsaken Lover, certamente due fra le sue composizioni meno note. Da entrambe le esecuzioni traspare il rispetto che Kate nutre per il padre della moderna folk-song americana e l’atmosfera di coinvolgimento canoro del pubblico nella seconda song ci riporta alle situazioni tipiche dei concerti di Pete Seeger, con tutto il pubblico che cantava in coro i brani più conosciuti.
Ultima citazione per un’altra cover, a firma di un altro famoso componente della famiglia Guthrie: il figlio Arlo, con la deliziosa Highway In The Wind, recuperata dalle sessions datate 1981 ed impreziosite dall’apporto acustico di Nina Gerber alla tenor guitar.
A costo di suonare ripetitivo, mi preme sottolineare come la personalità artistica di Kate Wolf emerga prepotentemente – anche se questo avverbio stride fortemente con il carattere della nostra – in tutte le sue interpretazioni, fino a rendere ‘sue’ anche le composizioni a firma altrui. E’ una caratteristica ed un privilegio riservato solo ai grandi: ricordiamocelo bene!

Side One
Then Came The Children – P.Siebel
September Song – K.Wolf
Both Sides Now – J. Mitchell
We Were Strangers – K.Wolf
Sweet Love – K.Wolf
Carry It On – G.Turner

Side Two
Old And Lonely Sound – K.Wolf
Boy From Oklahoma – W. A. Ramsey
One By One – W.Guthrie
Forsaken Lover – W.Guthrie
Highway In The Wind – A.Guthrie
Muddy Roads – K.Wolf

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 46, 1999

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