Doug Sahm

Quando si mette mano ad una discografia ciclopica e articolata come quella di Doug Sahm indissolubilmente legata a quella di Augie Myers ed insieme del Sir Douglas Quintet e dei Texas Tornados, non può essere cosa facile decidere cosa ristampare, cosi nell’opera di recupero di uno fra i più prolifici figli del Texas, questa volta la scelta è caduta su due album live. E non a caso, vorrei dire, poiché chi ha avuto la fortuna di assistere ad un concerto di questi musicisti, ha potuto constatare quanto azzeccato sia il soprannome di Tornado che Doug Sahm si è fatto appioppare. La forza e la vitalità della band in concerto sono paragonabili alla inarrestabile carica di una mandria di bufali impazziti ed ogni occasione è buona per un pezzo in più, per non smettere di suonare, anche a scapito di un orario impossibile o di chi, purtroppo, dovrebbe suonare dopo di loro. I due live in questione sono estremamente significativi e rappresentativi della crescita e della maturazione artistica dei musicisti coinvolti; più legato al grande fermento soul degli anni settanta Live Love che usciva nel 1977, mentre più vicino alla cultura tex-mex Back To The Dillo, pubblicato per la prima volta nel 1982.

Live Love mostrava un Sir Douglas Quintet ancora immaturo e troppo aperto alle influenze derivate da bravi autori di successo, spesso neppure filtrati dalla originalità del sound della band ma completamente calato nella cover della band di turno, come dimostra la versione di My Girl di Smokey Robinson o la conclusiva Knock On Wood di Eddy Floyd e Steve Cropper. Non si può peraltro dimenticare quanto il soul abbia influito sia su Doug Sahm che su Augie Myers, svezzati dal mito di Otis Redding e di tutti i blackmen che hanno marchiato gli anni dal ’65 al ‘75, permettendo al rock & roll di evolversi affondando parte delle proprie radici nella più impropria delle tradizioni.

Dynamite Woman e la splendida Emotional Goner, guidate dal vox di Myers sono la dimostrazione delle potenzialità della band quando tornava ad esprimere la propria personalità. Vario e spigliato Live Love si ascolta tutto d’un fiato, quasi fosse una compilation di stili sixties, magistralmente eseguiti da una band ancora incerta sulla strada da prendere.
5 anni più tardi Sahm e Myers tornano al mitico Armadillo per una performance al calor bianco, accompagnati dagli stessi musicisti presenti in Live Love ma cresciuti tanto da far apparire ancor più datato il sound di quel live e per colpire invece ora con un suono ricco e brillante, nel quale i fiati non sono una presenza di contorno, ma qualificano con grande importanza la matrice stilistica del gruppo, che qui si presenta come Texas Tornados.

Senza paura spaziano da una cover all’altra alternandole a brani originali ma che hanno in comune con le cover lo stesso suono ora non più derivato, ma estremamente personale. Un suono secco e tagliente, in perfetta sintonia con il Texas-style ma senza dimenticare Chicago e Messico, sotto la guida di un Augie Myers sempre più importante e responsabile per la stabilità della band, lasciando invece libero Doug Sahm di creare quell’happening musicale che la sua incontenibile verve rendeva pressoché inevitabile. Versioni come quelle di Susie Q, Carol o Think sono la prova tangibile del furore che animava la band che non teme neppure il confronto con la hendrixiana Purple Haze interpretata in modo impeccabile ed ispirato in scaletta dopo una Nuovo Laredo che aveva fatto saltare sulle sedie il pubblico del ‘Dillo’ con un Augie-vox in grande spolvero a duettare con la steel di Harry Hess.
Grande concerto quella sera e grande band ricca di feeling e di tequila che non perderei l’occasione di portarmi a casa. Ma che cosa, la tequila o il CD? Tutti e due e non parliamone più.

Claudio Garbari, fonte Out Of Time n. 28, 1998

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