Sun Records

Di origini irlandesi e con discendenze indiane, nato il 5 ottobre 1933 a Pocahontas, Arkansas, Billy Lee Riley è nel firmamento del rockabilly uno degli artisti fondamentali ma anche uno dei rocker più importanti.
Dal 1957 al 1960 Riley lavorò come session man alla Sun Records e con la sua band, i Little Green Men, accompagnò in pratica tutti i musicisti e gli artisti che incidevano per l’etichetta di Phillips. La sua carriera da solista alla Sun durerà invece quasi cinque anni, dal 1956 al 1960. I suoi brani più celebri sono Trouble Bound (1956), Rock With Me Baby, Flying Saucer Rock And Roll (gennaio 1957) e la celeberrima Red Hot (ottobre 1957), una personalissima versione di un brano scritto da Billy ‘The Kid’ Emerson.
A 68 anni Billy Lee Riley incide ancora. Riuscire a trovarlo non è stato facile, ma ce l’abbiamo fatta.

D: Iniziamo dai tuoi esordi, dalle tue radici…
R: La mia famiglia viveva a Pocahontas, Arkansas, a quei tempi una cittadina agricola di circa 15mila persone. Mio padre suonava l’armonica.
La prima musica che ricordo di aver ascoltato è il country. A 9 anni ascoltavo il Grand Ole Opry alla radio. Poi ho conosciuto artisti come Roy Acuff, Hank Williams e successivamente Lefty Frizzell e Webb Pierce. In seguito mi sposai e nel 1955 mi trasferii a vivere a Memphis, dove conobbi Jack Clement ed entrai a far parte della Slim Wallace Band, i Dixie Ramblers. Scrissi le mie prime canzoni, Trouble Bound e Think Before You Go, e Jack Clement pensò di farmele incidere per la sua etichetta ma decise anche di portarle a Sam Phillips alla Sun Records per essere masterizzate. A Sam Phillips piacque molto Trouble Bound (fu pubblicata dalla Sun nel maggio 1956, nda), così mi chiese di incidere per lui. Anche Jack Clement venne a lavorare alla Sun Records.

D: Come fu quel periodo?
R: Gli anni 50 sono stati irrepetibili, gli anni più belli della mia vita.

D: Nella tua band, i Little Green Men (il nome del gruppo fu scelto da Sam Phillips, nda) ha suonato Jerry Lee Lewis…
R: In quel periodo alla Sun Records arrivavano una miriade di musicisti, tutti in cerca di fortuna, tutti di grande talento. Jerry Lee Lewis è stato nella mia band per circa quattro mesi, suona il pianoforte soltanto in due canzoni, in Flyin’ Saucer Rock And Roll e Red Hot, ma è stato con me dal vivo alcuni mesi.

D: Eravate molto amici?
R: A quel tempo tutti e due avevamo un ego piuttosto forte. Ognuno voleva primeggiare, eravamo in concorrenza. Con Jerry Lee siamo diventati amici molto tempo dopo, ci siamo rivisti di recente e ho anche suonato con lui.

D: Cosa successe esattamente nel 1956, quando era appena uscito Red Hot?
R: Il disco stava funzionando (aveva venduto subito 50mila copie, nda). Chiamai il dj Alan Freed a New York per chiedergli cosa stesse succedendo e lui mi disse: “Billy, il tuo è un autentico smash hit”.
Qualche giorno dopo andai da Sam Phillips. Sulla sua scrivania c’erano tre telegrammi, uno da Detroit, uno da Chicago e uno da New York. Tutte e tre le città erano impazzite per la mia musica e stavano ordinandogli ciascuna 10mila copie del disco. Ma Sam e Jud Phillips avevano già deciso: non se ne faceva nulla. Erano troppo impegnati a promuovere e lanciare Jerry Lee Lewis e la sua Great Balls Of Fire. E così delle mie 30mila copie prenotate non se ne fece nulla.

D: È vero che la sera stessa andasti ai Sun Studios e mettesti tutto a soqquadro?
R: Ero giovane e ribelle. Quella sera presi la mia Chevrolet BelAir, rossa e bianca, e girai a zonzo per diverse ore. Ero ubriaco e andai ai Sun Studios. Appena entrato vidi un basso, feci subito un bel buco nel bel mezzo dello strumento, poi vidi un piano e ci rovesciai dentro un bel po’ di whisky. Andai nella control room e anche lì feci scorrere whisky ovunque. Un bel disastro… Arrivò Sam Phillips e restammo lì tutta la notte a discutere. Alla fine mi convinse. Era fenomenale, avrebbe convinto chiunque, mi disse che per me riservava una grande promozione. Aveva fatto grandi piani su di me, dovevo soltanto attendere che avesse finito di pubblicizzare Great Balls Of Fire. No, oggi non lo rifarei ma quella notte avrei spaccato il mondo.

D: In un’intervista Sam Phillips disse che tra gli artisti di maggior talento passati alla Sun Records, si rammaricava del mancato successo di Sonny Burgess e del tuo. Di te disse che avevi talento e anche una band micidiale e che dal vivo eri un’autentica forza della natura.
R: Che vuoi che ti dica, le cose purtroppo sono andate diversamente…

D: Onestamente: cosa pensi di Sam Phillips?
R: Sicuramente ha dei grossi meriti, però nei suoi confronti si esagera. Non è vero che ha scoperto tutti gli artisti che si dice, non ha scoperto il rock and roll. La sua fortuna è che si è trovato al momento giusto e al posto giusto e che tutti gli artisti di talento andarono da lui nei suoi studi.

D: Sempre pensando alla Sun Records e ai suoi musicisti come Charlie Rich, Roy Orbison, Carl Perkins, Jerry Lee Lewis, Elvis Presley, Johnny Cash… li hai conosciuti tutti?
R: Più o meno si, allora si facevano parecchie tournée tutti insieme, il cosiddetto Sun Record Package & Tour.

D: Chi reputi sia stato il migliore?
R: Elvis Presley aveva grande talento, naturalmente. Ma Roy Orbison è stato il migliore in assoluto. Grande interprete, eccellente autore, cantante divino, ottimo entertainer. Elvis non era un autore, Orbison era più completo come artista. Aveva un talento inimmaginabile.

D: Nel ‘1960 hai lasciato la Sun. Come mai?
R: Avevo fondato una etichetta, la Rita Records, con uno dei musicisti della mia band, Roland James. Nel 1960 ho prodotto Mountain Of Love cantata da Harol Dorman che vendette oltre un milione di copie. Poi ho fondato la Mojo Records e prodotto nel 1961 il classico del blues You Don’t Love Me di Willie Cobb. Nel 1961 mi sono trasferito a vivere in California, a Los Angeles. Ho lavorato come produttore, musicista, sessionman, esibendomi nei locali la sera e ho suonato con gente come Herb Alpert, Glen Campbell, James Burton, Leon Russell, Hal Blaine, Barney Kessell. Ho suonato in dischi di Dean Martin, Sammy Davis Jr., Ricky Nelson, Johnny Rivers e dei Beach Boys (suona l’armonica in Help Me Rhonda del ’65, nda). Nel 1966 ho lasciato la California e mi sono trasferito ad Atlanta, Georgia.

D: Raccontami bene la storia di Bob Dylan: si dice che sia un tuo grande fan…
R: Bob Dylan mi ha scovato, letteralmente, a Newport, nell’Arkansas, dove vivo. Era il 1992. Mi disse che mi stava cercando dal 1985. Mi ha invitato a un suo concerto a Little Rock: ero sul palco, accanto a Dylan, e lui sorrideva, mi ha presentato dicendo: “Billy Lee Riley è il mio autentico eroe”. Mi disse che lui ha sempre ammirato particolarmente due mie canzoni, Trouble Bound e One More Time. L’anno dopo, nel 1993 ho aperto due suoi show a Nashville. Si ricorda di me più cose di quelle che io possa ricordare: ad esempio mi ha detto che è stato particolarmente felice di sapere che io avevo registrato Like A Rolling Stone in un mio album strumentale del 1965. Io quasi quasi non me lo ricordavo proprio…

D: Quali sono i tuoi ultimi album che hai inciso?
R: Nel 1992 ho inciso Blue Collar Blues, poi ho inciso altri dischi rockabilly. Nel 1997 ho pubblicato un album per la Capricorn, Hot Damn!, inciso nei vecchi studi della Sun, ma è un album di blues. Nel 2000 ho pubblicato un altro album, Shade Tree Blues.

D: Nel 2000 hai ricevuto anche un premio speciale…
R: Sono stato inserito nell’Arkansas Wall Of Fame. É stato un grande onore e alla cerimonia hanno partecipato numerosi personaggi tra cui il mio vecchio bassista Joe Parker. Inoltre sono state lette alcune lettere, tra cui una di Sam Phillips, una dello Smithsonian Institute e una di Bob Dylan che riferendosi a me ha detto che sono stato un autentico pioniere, un grande artista e un fiero cittadino dell’Arkansas. Mi hanno anche consegnato una targa e proclamato ‘Billy Lee Riley Day’ il 18 marzo.

D: Progetti futuri?
R: Nel luglio 2001 ho suonato al Montreal Jazz Festival, in Canada. Jimmy Page e Robert Plant hanno aperto il concerto prima di me. La serata è stata registrata e ora probabilmente, nel gennaio 2002, uscirà un disco dal vivo. Inoltre ci tengo molto al progetto dell’uscita del disco prodotto da Chips Moman, un album che avevo inciso nei suoi celebri American Studios a Memphis nel 1971, s’intitolerà I Got A Thing About You Baby e sarà pubblicato nei prossimi mesi.

Aldo Pedron, fonte JAM n. 77, 2001

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