Tom Russell - Song Of The West, The Cowboy Collection cover album

Penso che sia un piacere per tutti voi ritrovare, sebbene così vicino nel tempo, un artista della caratura di Tom Russell, un musicista che, dai suoi esordi in compagnia di Patricia Hardin, è stato capace di regalarci pagine di commovente bellezza. Dopo l’ultima splendida prova, il fondamentale The Long Way Home, credevo di dover aspettare il canonico periodo di riflessione/tour per ritrovare un disco di Tom, invece anche se le notizie erano comunque frammentarie, si sapeva che era in procinto di essere prodotto un suo album di canzoni dedicate al West.

Il disco in questione, Song Of The West, precedentemente venduto solo grazie al mail order del suo fan-club, viene oggi ad essere disponibile a tutti noi e, se la californiana Hightone ci stupisce periodicamente grazie all’altissimo quoziente qualitativo delle sue proposte, questa sorpresa ci riesce ancora più gradita.

Pensavo, a causa della mia personale convinzione che i dischi venduti per posta lo sono perché rifiutati dalle etichette di normale distribuzione e quindi non sempre convincenti o rappresentativi, di non riuscire a porre le mani su questo capitolo della saga di un cantautore come Tom che, sebbene già impegnatosi precedentemente nella stesura e interpretazione di pezzi dedicati alla frontiera, mai aveva affrontato l’ostacolo di un disco completamente concepito con questa idea.

Smentito dalla bellezza di questo Song Of The West, non potevano realmente trovare un titolo più rappresentativo, devo ammettere che sarebbe stato un grande peccato, per tutti noi, non approfittare di un ascolto tanto piacevole ed illuminante.

La personale vena di Tom viene arricchita da diverse cover che, sia che siano vecchi traditional che canzoni di suoi contemporanei (da Steve Young a Ian Tyson), si inseriscono perfettamente in un’opera senza sbavature e che, le grandi emozioni che proverete ascoltandola lo confermeranno, dimostra ancora una volta che la fortuna non sempre bacia i bravi.

La capacità espressiva dell’ artista viene sicuramente messa a dura prova, costretta come è in questo caso, nell’affrontare un impegno monotematico e difficile sintesi, ma Tom, accompagnato da una serie di side-men di assoluto valore, si disimpegna senza nessun apparente affanno e, senza che dovesse dimostrarlo ancora, si attesta su posizioni di valore assoluto.

I poco celebrati musicisti che lo accompagnano, tra i quali è obbligatorio citare i nomi di Andrew Hardin, chitarrista finissimo e storico compagno di Tom, e Darrel Mansfield, già con la Alpha Band, e sempre più richiesto session-man sono perfettamente integrati da Hank Bones, bassista essenziale e l’angelica Katy Moffat che, con le sue armonie vocali, arricchisce la profonda voce di Russell di sfumature leggiadre.

Le versioni di quei brani già sentiti nei dischi precedenti, e parlo di pezzi fantastici come The Sky Above, The Mud Below, la sempre interessante Gallo Del Cielo, Alkali, la celebre Navajo Rug, si integrano a meraviglia con classici della frontiera e capolavori di alcuni suoi colleghi, una per tutti, la commovente versione di The Ballad Of William Sycamore, immortale piece di Steve Young.

Personalmente devo menzionare due brani in cui la capacità evocativa di Tom raggiunge livelli di realtà, soprattutto grazie a testi di abbacinante veridicità, ai quali difficilmente si può giungere senza l’utilizzo di qualsivoglia arte figurativa, Claude Dallas e Rayburn Crane, come era già capitato per le versioni originali, coinvolgono emozionalmente in modo quasi inverosimile.

La prima racconta l’epica storia di un fuorilegge dei nostri tempi il quale, piuttosto di piegare la propria scelta di vita alla logica del potere, si trova braccato come quegli animali selvaggi che lui stesso si trovava a cacciare per potere vivere, la seconda invece, con la sua andatura da ‘campfire-song’, narra le gesta di un vecchio mulattiere che, vedendosi sorpassato dai tempi, si lascia morire in solitudine. Mi sembra inutile intestardirsi a voler dimostrare, con le mie sterili parole, una così sfolgorante verità di cui, solamente con un breve ascolto, voi stessi potreste accorgervi.

Non posso consigliare questo disco a chi cerca di distrarsi con la solita oretta di musica, ma per chi vuole scoprire l’epica epopea di un mondo che, seppur lontano, è entrato nell’immaginifico di tutti noi, Tom Russell potrebbe essere la giusta guida e le sue canzoni il panorama che, purtroppo, solo il cinema ci può normalmente far sognare.

Hightone HMG 2501 (Cowboy Music, 1997)

Paolo Liborio, fonte Out Of Time n. 24, 1997

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