Uno dei grandi protagonisti della rinascita della country music made in Nashville negli anni novanta, Tracy Lawrence è attualmente un musicista affermato e di grande spicco che ha saputo mantenere intatti i suoi legami con la tradizione senza perdersi nei suoni tendenzialmente pop della musica proposta a Music City.
La sua carriera discografica che ha appena superato i dieci anni di attività gli ha permesso di creare e sviluppare uno stile riconoscibile e personale che lo ha portato a registrare una serie di album di grande valore che risultano tra le cose più valide uscite da Nashville negli ultimi anni.
La vita privata, sin dalla più tenera età, gli ha però riservato più problemi che gioie, temprando così un carattere dotato di grande grinta. Tracy Lawrence nasce il 27 gennaio 1968 ad Atlanta, Texas ma all’età di quattro anni i genitori si trasferiscono a Foreman, Arkansas dove il padre lavora come bancario mentre la madre ha il suo bel daffare ad allevare Tracy e gli altri cinque fratelli.
I primi contatti con la musica sono nel coro della Chiesa Metodista locale e i primi accordi sulla chitarra Tracy li impara a quindici anni. Solo due anni dopo Tracy Lawrence inizia ad esibirsi negli honky tonks e nei night club della zona; quando finisce la high school inizia ad allargare i suoi orizzonti suonando con varie band in un’area che comprende Texas, Oklahoma, Arkansas e Louisiana.
Il binomio musica e studi continua ancora per un certo tempo e Tracy si iscrive alla Southern Arkansas University, al termine della quale si trasferisce in Louisiana per suonare durante i weekend. Questo periodo dura relativamente poco, la routine ben presto porta Tracy Lawrence ad abbandonare quel giro e a tentare i grande passo trasferendosi a Nashville.
Solo sette mesi dopo, nella primavera del 1991, riesce ad ottenere un contratto discografico al termine di un periodo nel quale si mette in mostra vincendo alcuni premi durante delle ‘open-mike nights’ (serate in cui si esibiscono cantanti dilettanti in cerca di fortuna) in Tennessee e in Kentucky.
Di li a pochi mesi esce il suo disco di esordio (posticipato di qualche settimana a causa del ricovero in ospedale di Tracy dopo il suo ferimento nel corso di una rapina subita) intitolato Sticks And Stones ed è subito un grande successo.
L’album, prodotto da James Stroud una delle figure più carismatiche a Nashville, vende ben 800.000 copie e diventa ‘gold album’ con tre canzoni che raggiungono il numero 1 delle country charts. La cadenzata Sticks And Stones, Runnin’ Behind e Today’s Lonely Fool sono brani di grandissimo impatto che inquadrano subito la fresca musicalità di Tracy Lawrence.
Altro hit tratto dall’album è la sapida ballata intitolata Somebody Paints The Wall che sale fino al numero 5 delle classifiche di settore.
Non meno interessanti sono comunque la trascinante Paris, Tennessee ripresa qualche anno dopo anche da uno dei suoi autori, Dennis Robbins, lo swing di I Hope Heaven Has A Honky Tonk e le due ballate scritte dallo stesso Tracy Lawrence, Dancin’ To Sweet 17 e Froze Over con il suo delizioso waltz time.
Sticks And Stones è un disco che si colloca perfettamente nel felice periodo che vive la country music in quel periodo, con una impressionante serie di ottimi artisti che vengono messi sotto contratto da tutte le major che vedono nella nascita del cosiddetto new country un ottimo affare.
Il 1993 è importante per Tracy Lawrence che passa la maggior parte dell’anno ‘on the road’ (la sua attività live è instancabile se si pensa che l’anno precedente suona ben 280 date in tutti gli States): gli viene assegnato il premio come miglior nuova voce maschile dalla prestigiosa ACM (Academy of Country Music) ed esce il suo secondo album intitolato Alibis ancora sotto la produzione di James Stroud.
Alibis è ancora migliore del precedente, meglio focalizzato su grandi canzoni e interpretat con maggiore maturità. E’ ancora una country music dal sapore vero e genuino della tradizione, tra ballate e ritmati honky tonk e Tracy Lawrence aumenta il suo coinvolgimento compositivo con ben quattro canzoni alle quali collabora nella loro stesura.
Can’t Break It To My Heart sarà uno dei suoi cavalli di battaglia nelle esibizioni live e ugualmente azzeccate sono My Second Home, It Only Takes One Bar (To Make A Prison), e Back To Back.
Tra le cover spiccano l’iniziale I Threw The Rest Away, un’altra tra le più amate dai suoi fans, la tersa Crying Ain’t Dying, Alibis splendido valzer composto da Randy Boudreaux e la travolgente If The Good Die Young dedicata alla sua grande passione per i motori.
Passa solo un anno e Tracy Lawrence pubblica il suo nuovo disco intitolato I See It Now, a mio parere uno dei punti più alti della carriera del cantante texano a conferma di un periodo di grande ispirazione.
I See It Now praticamente non ha punti deboli: la scelta del materiale è di primissima qualità e anche le composizioni di Tracy sono lucide e brillanti. I See It Now apre con il suo delicato waltz time e forse Tracy Lawrence non ha mai cantato con tale trasporto e calore.
Guilt Trip alza subito il ritmo e la canzone firmata da Tim Mensy e Tony Haselden è uno degli ‘highlights’ del disco.
L’album poi prosegue con una serie di brani di grandissima presa che fa di I See It Now un prodotto superbo: If The World Had A Front Porch, Texas Tornado, Hillbilly With A Heartache (in cui Tracy duetta con John Anderson), As Any Fool Can See, God Made Woman On A Good Day e I Got A Feelin’ formano una selezione quasi perfetta.
La produzione vede il solito James Stroud affiancato in alcuni momenti da Flip Anderson che nel prosieguo della carriera sarà una presenza fissa accanto a Tracy Lawrence.
Intanto prosegue con grande successo la attività live di Tracy Lawrence e dei suoi Little Elvis, band di cui fanno parte il chitarrista Deryl Dodd (che intraprenderà una interessante e proficua carriera solista) e il fido Flip Anderson alle tastiere e alla chitarra acustica. Dai sempre più apprezzati e brillanti concerti viene tratto un disco dal vivo, cosa non frequentissima tra i musicisti new country che in genere fanno dei tour un loro punto di forza, che esce nel 1995.
Intitolato semplicemente Live, il disco è un magnifico esempio delle grandi doti di Tracy Lawrence come entertainer ed è uno sguardo alla produzione precedente che qui viene rivitalizzata da versioni fresche ed intense.
Runnin’ Behind, Somebody Paints The Wall, I See It Now, Can’t Break It To My Heart, If The Good Die Young vengono arricchite da una carica emotiva di grande intensità che ci fa capire il valore di Tracy Lawrence.
A completare la proposta c’è una sezione acustica che sorprende per l’estrema finezza degli arrangiamenti: I Threw The Rest Away, Sticks And Stones e Alibis brillano di una luca nuova e ci mostrano un lato nuovo della musicalità del cantante texano. A questo proposito segnalo l’esistenza di una cassetta video (uscita solo negli States e reperibile solo nel sistema NTSC) che documenta il lato acustico di Tracy; si intitola Live ed è la riproposizione di uno special TV di notevolissima qualità.
Tornando al disco c’è da segnalare la presenza di un brano inedito (l’unico), il trascinante Renegaes, Rebels And Rogues che appariva nella colonna sonora del film Maverick (con Jodie Foster e Mel Gibson) uscita l’anno precedente.
Nella primavera del 1996 Tracy Lawrence torna con un nuovo album in studio, Time Marches On, un disco che segna il raggiungimento della sua maturità artistica. Metà dei brani sono prodotti dalla coppia Lawrence/Anderson, l’altra da Don Cook (Brooks & Dunn, Wade Hayes e moltissimi altri) anche se il suono risulta più amalgamato che mai.
Time Marches On è un disco di grande spessore, dominato da ballate e mid tempo senza mai risultare tedioso, con le doti interpretative e vocali di Tracy Lawrence che trovano qui modo di esprimersi al massimo livello grazie ad un repertorio scelto con grande attenzione.
Questo è un altro dei momenti più alti della sua discografia. Uno dei brani guida del disco è la canzone che ne da il titolo, una composizione del grande Bobby Braddock che sembra scritta ad hoc per Tracy, un brano che ripercorre in pochi versi la storia della musica che amiamo, da Hank Williams Sr. a Bob Dylan. Una splendida canzone!
Sulla sua scia ci sono l’iniziale Is That A Tear, Speed Of A Fool, Somewhere Between The Moon And You, Different Man, Excitable Boy (la canzone più rock sulla falsariga di Brooks & Dunn), Stars Over Texas e From What We Give, canzoni cantate con una forza tale da commuovere e incantare chi cerca nella country music storie intense e significative.
In questo album Tracy Lawrence dimostra di poter competere ad armi pari con i grandi del genere.
The Coast Is Clear è il sesto capitolo della sua discografia, un disco che non aggiunge nulla al personaggio pur risultando estremamente piacevole, con la presenza delle tipiche sonorità che hanno reso grande Tracy Lawrence. Il repertorio è leggermente inferiore come qualità rispetto al precedente e, anche se non mancano momenti validi, c’è quel sentore di déjà vu che lo pone su un gradino più basso rispetto ai dischi citati in precedenza.
Anche qui troviamo un Tracy Lawrence più indirizzato verso atmosfere riflessive ed intimiste, con pochi momenti in cui si lascia andare in trascinanti country rock.
L’iniziale Better Man, Better Off è un po’ l’indicazione della direzione in cui va l’album, voce e strumenti impeccabili ma non completamente convincenti, non incisivi come in passato.
Da citare comunque per la loro bellezza Any Minute Now, dalla melodia orecchiabile e leggera, la messicaneggiante How A Cowgirl Says Goodbye, con le intriganti chitarre acustiche di Mark Casstevens e Brent Mason e il fiddle di Rob Hajacos, One Step Ahead Of The Storm solida ed orgogliosa, la caraibica Livin’ In Black And White (ripresa più tardi anche da Eddy Raven) e As Lonesome As It Gets firmata da Larry Cordle e da J.P. Pennington con gustosi echi tradizionali.
The Coast Is Clear è a mio parere da considerare un disco di transizione anche se riserva molti momenti interessanti. E’ questo in effetti un periodo difficile per Tracy Lawrence in cui problemi personali ne limitano l’ispirazione e bloccano in qualche modo una carriera che fino a pochissimi anni prima sembrava destinata a portarlo tra le più grandi stars della country music di Nashville.
Trascorrono così tre lunghi anni in cui Tracy Lawrence non incide più nulla e in cui tutti sembrano aver dimenticato la sua tipica musicalità e la sua grande voce.
Poi nel 2000, un po’ a sorpresa, viene pubblicato Lessons Learned (titolo quanto mai significativo!), un disco che divide critica e pubblico ma che secondo me è un lavoro di grande importanza.
Tracy Lawrence dimostra che la sua forza non è stata intaccata dopo tanto silenzio e grinta e passione sono presenti in grande quantità.
The Holes That He Dug è l’intensa apertura del disco con chitarre grintose e una voce che grida “…you can’t put him down for who he is or what he does…”, puntando il dito verso coloro che lo hanno criticato per certi suoi comportamenti impulsivi e discutibili.
Long Wet Kiss è invece più radio friendly e ci riconsegna un cantante dalle grandi doti.
Lessons Learned ricorda nelle cadenze la notevole Time Marches On ed è uno dei momenti più positivi mentre The Man I Was (firmata da Tony Martin e Mark Nesler) è cantata con una intenstà e una convinzione come se Tracy stesso l’avesse scritta.
Lessons Learned è un disco che ruota su una serie di canzoni che danno un quadro completo e disincantato dell’artista texano, un musicista maturato attraverso esperienze di vita dure e difficili. In quest’ottica canzoni come Lonely, la pianistica Unforgiven (…I’ve made mistakes, that’s what life is/but there ain’t a thing I can’t live with/and even though you can’t forgive/you’re forgiven…), From Here To Kingdom Come e la splendida Steps sono lo specchio delle intatte qualità di Tracy Lawrence.
Probabilmente Lessons Learned è stato l’album più emotivamente intenso della carriera di Tracy, il difficile ritorno dopo un lungo periodo di silenzio.
Se Lessons Learned ha fatto discutere, Tracy Lawrence ha messo tutti d’accordo. Questo album infatti, caparbiamente intitolato così quasi ad indicare un nuovo inizio, riporta Tracy al periodo brillante e fresco di Alibis, di I See It Now, e di Time Marhes On, naturalmente senza copiare nulla da quei dischi ma recuperando quella voglia di country music che lo ha fatto apprezzare da tantissimi appassionati.
Crawlin’ Again ha subito l’appeal dei suoi momenti migliori, frizzante e godibile, Life Don’t Have To Be So Hard è stato un singolo di successo nelle classifiche country e si capisce il perché: ottima melodia, cadenzata, con fiddle e dobro ad abbellire la canzone e la consueta calda voce di Tracy Lawrence a guidare il tutto.
Dodici canzoni per un disco compatto ed omogeneo, molto country e decisamente riuscito. Non è facile scegliere i momenti migliori, ognuno troverà canzoni di qualità che lo coinvolgeranno e lo appassioneranno. Secondo il sottoscritto It’s HardTo Be An Outlaw, Meant To Be, That Was Us, Whole Lot Of Lettin’ Go, sono ballate veramente eccellenti mentre le più ritmate She Loved The Devil Out Of Me, God’s Green Earth e I Won All The Battles sono tra le migliori canzoni da parecchi anni per un Tracy Lawrence finalmente ispirato country singer.
Tracy Lawrence è da tenere in considerazione per chi volesse iniziare la conoscenza del musicista texano, tale è la qualità della proposta.
Con questo suo ultimo album abbiamo completamente ritrovato un artista che è da ritenere tra i personaggi più importanti a Nashville e che fa ben sperare in una carriera ancora lungi dall’essersi esaurita. La carriera di un musicista che ha contribuito a rendere più pregevole la country music di questi ultimi dieci/quindici anni.
Discografia:
Sticks And Stones (Atlantic, 1991)
Alibis (Atlantic, 1993)
I See It Now (Atlantic, 1994)
Live (Atlantic, 1995)
Time Marches On (Atlantic, 1996)
The Coast Is Clear (Atlantic, 1997)
Lessons Learned (Atlantic, 2000)
Tracy Lawrence (Atlantic/Warner Bros., 2001)
Remo Ricaldone, fonte Country Store n. 64, 2002