Presi alla sprovvista dal successo? Knopfler o non Knopfler nessuno se l’aspettava: neanche loro. In un turbine di attività da febbraio a giugno, niente tempo per fermarsi né per pensare alle proprie cose, dischi, etc., prendiamo Croker in una brevissima pausa. È un uomo spiritoso e fa solo finta di non aver voglia di parlare di questa band di vecchi amici, riuscita a riscuotere un successo notevole rispolverando una manciata di vecchie (o quasi) canzoni e un’ immagine accuratamente d’epoca, grazie anche alle possibilità di una pur discreta tecnologia moderna e al carisma di Mark Knopfler.
Ne esce un’immagine assai vicina a quella dichiarata dal titolo del disco, Missing…Presumed Having A Good Time, perchè i tre amiconi (Knopfler, Croker e Steve Phillips più il quarto acquisito, Guy Fletcher) danno veramente l’impressione di divertirsi un mondo in questa situazione, tirando anche qualche tiro mancino con l’aiuto del Synclavier e delle loro National d’annata. Quando uscirà quest’intervista il tour inglese dei Notting Hillbillies dovrebbe essere ormai finito e ognuno di loro sarà di nuovo immerso nei propri impegni ma, chi lo sa?, potrebbero anche averci preso gusto…
Facciamo due chiacchiere sul disco dei Notting Hillbillies…
0.K.: se insisti…
Tra parentesi: come sta andando il tour?
Alla grande! La cosa migliore che abbia mai fatto.
Suonate live gli stessi arrangiamenti dell’album o avete cambiato qualcosa?
La `live-band’ comprende Mark, Steve, Guy e me più Paul Franklin alla pedal steel. Inoltre ci sono il manager di Mark, Ed Bicknell, alla batteria e Marcus Cliff, dalla mia band 5 O’Clock Shadows, che suona contrabbasso e basso elettrico.
Questo è dunque un periodo di vacanza per i 5 O’Clock Shadows…
Beh, Mark Creswell sta suonando con Tanita Tikaram. Aveva lavorato al suo LP e poi lei lo ha chiamato anche per i concerti.
A parte la tua canzone, That’s Where I Belong, quali altre, fra tradizionali e cover, sono state proposte da te?
Direi Railroad Worksong, One Way Gal… e la canzone di Charlie Rich, Feel Like Going Home: sono quelle che canto io, assieme a That’s Where I Belong. Blues Stay Away From Me volevamo farla veramente tutti.
Cosa mi dici del lavoro strumentale fatto da ognuno di voi? E’ abbastanza facile riconoscere il tocco di Mark Knopfler sull’elettrica, ma. . . hai suonato tu il banjo, per esempio?
No, il banjo è stato suonato con il synclavier da Guy.
C’è anche una specie di mandolino in un pezzo…
…Anche quello synclavier: suoni campionati.
Piuttosto efficace, non c’ è che dire.
Sai, se avessimo avuto in quel momento un buon mandolino avremmo usato lo strumento vero, ma non l’avevamo e il suono migliore era quello sul synclavier, per cui…
Hai suonato anche la chitarra elettrica?
No. Abbiamo usato le acustiche quando era necessario ma è difficile credere quanti suoni di chitarra provengono in realtà da una tastiera, suonati da Guy sul synclavier. Rimarresti sorpreso da quanto poche siano le parti suonate veramente con una chitarra. A volte la chitarra ritmica (vera) era una sola, ma se ascolti il disco sembrano molte di più: è un’illusione.
E tu cosa pensi, in questo senso, dell’operazione: il produrre un disco contenente materiale tradizionale sfruttando fortemente una tecnologia così avanzata?
Per me non è un problema: non vivo nel 1930. Vivendo in quell’epoca avrei usato tutte le risorse tecniche dell’epoca. Sono sicuro che Lonnie Johnson, dovendo suonare o incidere una canzone come Bewildered ai nostri giorni e con una tecnologia più avanzata a disposizione, la userebbe. Perchè stiamo parlando comunque di canzoni, e dei mezzi che puoi usare per raccontare efficacemente una storia. È l’unica filosofia che abbiamo seguito. Non mi sono preoccupato di cercare di ricreare il suono di un determinato periodo, volevamo solo parlare, raccontare, cantare quelle canzoni alla nostra maniera.
Com’è la situazione della musica tradizionale in Inghilterra?
Il termine ‘musica tradizionale’ da noi copre un ambito così vasto che è possibile includervi anche band africane, marocchine o asiatiche, assieme alla musica irlandese, scozzese e americana. Abbiamo sempre avuto un grosso interesse per la musica folk, bianca o nera, anche perchè la spinta più grossa per noi è venuta da Elvis Presley, e lui è stato uno degli apici della musica folk americana in un certo senso. Per cui, ora come ora non abbiamo grosse connessioni con la musica tradizionale britannica, che peraltro se la passa molto bene. Per quanto riguarda la musica folk americana, ora in Inghilterra è possibile reperire una varietà enorme di dischi, come non era mai successo. Le vendite attraverso catalogo postale sono cresciute di nuovo ed è possibile trovare cose rimaste irreperibili per anni. E’ meraviglioso.
Qualcosa a proposito dei collegamenti dei Notting Hillbillies con la tua situazione di solista, il tuo disco con i 5 O’ Clock Shadows. Il repertorio che hai proposto sull’album è piuttosto vario, dalla tradizione americana a un rock’n’roll più moderno: mi chiedevo quali saranno gli sviluppi della tua musica dopo l’esperienza con Knopfler e gli altri.
Penso che ogni volta che lavori ad un nuovo progetto con qualcuno assimili qualcosa dagli altri musicisti: io ho preso da Mark e Mark da me o da Steve, e così via. É molto bello non essere un’isola e partecipare alle cose del mondo, mi piace. E dopo Mark finirà il suo album con Chet Atkins e li la cosa è molto chiara: posso vedere chiaramente l’influenza di Chet nello stile di Mark.
L’operazione Notting Hillbillies ha avuto qualche riflesso positivo anche sull’andamento del tuo disco?
Devo confessare di essere stato terribilmente occupato: questo è il mio primo giorno a casa. Sono sicuro che quando tornerò alla fine di giugno tutti mi verranno a dire che cosa è cambiato e quanto. In questo momento sono molto gentili perchè ho molto da fare e non vogliono spingermi a lavorare su due cose contemporaneamente.
E ci sarà un tour fuori dai confini inglesi per gli Hillbillies?
Beh, se faremo un altro disco è probabile che accada. Non avremmo mai immaginato che sarebbe stato così popolare…
Penso che tutti siano stati colti di sorpresa da questo successo, anche nella stampa.
Ma i più sorpresi siamo stati sicuramente noi, è stato un vero, piacevole shock: veramente fantastico! Ora, alla fine del tour, Mark deve tornare a lavorare con Chet e cominciare un nuovo disco con i Dire Straits, io devo andare negli Stati Uniti e poi pensare al mio nuovo album, Steve ha del lavoro da fare e anche Guy deve collaborare con Mark e Chet. Non abbiamo mai pensato di dominare il mondo con questa band, ma solo di fare qualcosa che ci piaceva. Se volessimo, ora, potremmo saltare su quel treno, girare il mondo e fare un sacco di soldi, cosa che non era nei programmi all’origine.
Una cosa sul tuo disco, Brendan Croker & The 5 O’Clock Shadows. L’ultima canzone, Mister, parla della situazione degli immigrati?
Sì. Il mio vicino di casa è un immigrato e una persona molto piacevole. A suo tempo è stato arrestato al confine francese perché non aveva i documenti necessari; per un lungo periodo gli è stato impossibile lasciare il paese perché altrimenti, forse, non lo avrebbero fatto rientrare o sarebbe finito di nuovo in prigione. La canzone l’ho scritta pensando a lui e alla sua famiglia.
E a proposito della collaborazione di Eric Clapton sul tuo disco: siete amici o è stato un caso isolato?
No, lo conosco un pochino solo perché suona spesso con Mark. Un giorno è venuto a trovarmi per parlare di una canzone, della possibilità di farla. Io e John Porter, il produttore del disco, discutevamo da tempo sulla necessità di trovare una seconda voce e che Eric sarebbe stato la scelta migliore, ma non volevamo chiederglielo perché non lo conoscevamo abbastanza. Poi, quando venne a trovarmi, buttammo lì timidamente: “Non è che per caso ti andrebbe di cantare in un pezzo?” E lui, semplicemente: “Sì.” Ed è stato perfetto. Mezz’ora in tutto dal momento in cui è entrato nello studio al completamento della registrazione. Penso che sia una delle grandi voci più sottovalutate.
Quali sono gli strumenti che avete usato nel disco dei Notting Hillbillies?
Principalmente chitarre acustiche. Ho una bella Martin D 18 di fine anni cinquanta, ma abbiamo usato tutti molto le chitarre costruite da Steve su modello Martin triplo zero, veramente molto buone, le migliori che ho mai suonato. Ne abbiamo un paio sia io che Mark. E poi la Gibson L3 del 1918 di Mark. Solo queste.
A parte le National…
No…quello è il nostro grande scherzo! La ragione per cui ci siamo rivisti, all’inizio, è stato proprio l’amore per questi strumenti d’epoca, penso sia questo che ci ha tenuti in contatto negli anni. La grande burla è stata quella di non usarle affatto sul disco. Ma le suoniamo dal vivo: tre National assieme! L’effetto è stupendo. È una cosa veramente disgustosa, lo so (ride).
Prima ti sei fatto scappare che per i Notting Hillbillies potrebbe seguire un secondo disco: c’è già qualcosa di definito?
Nessun programma preciso. Siamo rimasti sempre in contatto anche quando Mark era impegnato in qualche grosso tour, pensare che non faremo qualcos’altro tutti assieme è impossibile, come dire che da domani non ci parleremo più l’uno con l’altro.
Stefano Tavernese, fonte Chitarre n. 52-53, 1990